LA CRESCITA HA BISOGNO DEI GOVERNI
Istituzioni a confronto Nell’area dell’euro si sente più che mai la contraddizione tra l’irrilevanza dei responsabili politici che non riescono ad agire in modo coordinato e la Banca centrale che diventa onnipotente e garante della moneta unica
Giovedì scorso il presidente della Bce Mario Draghi, al termine della riunione del Consiglio, ha spiegato ai giornalisti che la ripresa nell’area euro delude, l’inflazione rimane pericolosamente vicina allo zero e preoccupa la volatilità causata dal rallentamento dei Paesi emergenti (in particolare la Cina). Per questa ragione — ha detto Draghi — la Banca centrale europea non cambia per il momento politica. Anzi, si deduce dalla conferenza stampa, nel futuro sarà probabile un aumento del volume degli acquisti dei titoli di Stato e un prolungamento oltre il 2016 del cosiddetto Quantitative easing. Nonostante i timidi segni di ripresa, il messaggio che viene dalla Bce è molto cauto. Anche il messaggio del Fondo monetario internazionale (Fmi) ai Paesi del G20, riuniti ad Ankara in questi giorni, rivela preoccupazione. Il Fmi incita le Banche centrali, anche quelle dei Paesi la cui ripresa è piu robusta (come Usa e Regno Unito) a continuare a mantenere i tassi di interesse a zero fino a che il quadro economico globale non si rischiari.
Le Banche centrali sono chiamate a fare la loro parte, ma ancora una volta i governi dei Paesi coinvolti sembrano avere grandi difficoltà a coordinarsi in modo efficace e costruttivo su politiche in grado di sostenere la crescita globale. La storia di questi anni insegna che quando i governi, divisi da interessi contrapposti, non riescono a percorrere questa strada, le Banche centrali, per evitare il peggio, sono costrette a riempire il vuoto lasciato e a intraprendere azioni che vanno al di là della politica monetaria in senso stretto.
I l paradosso è che nonostante dalla crisi del 2008 l’azione delle Banche centrali sia stata essenziale per evitare un collasso dell’economia ancora piu devastante di quello che abbiamo vissuto, i cittadini (e si sentono in Italia queste voci sia a destra che a sinistra) non si fidano di istituzioni guidate da tecnocrati non eletti, così potenti da poter creare moneta dal niente. Le loro azioni sono in grado di salvare banche e Stati ma i cittadini non capiscono chi, alla fine, sarà chiamato a pagare i conti.
Nell’area dell’euro questa contraddizione tra l’irrilevanza di governi che non riescono ad agire in modo coordinato e la Banca centrale che, come unica istituzione federale, diventa onnipotente e garante della sopravvivenza della moneta unica, si sente più che mai. Ma ha ragione chi diffida dell’enorme peso che hanno acquistato le Banche centrali nella politica economica mondiale e, in particolare, in Europa?
Da un lato, se la Bce non continuasse a sostenere l’economia garantendo tassi bassi e indirettamente un tasso di cambio favorevole per gli esportatori, buone condizioni di liquidità per le banche e non scoraggiasse il crollo delle aspettative di inflazione, la nostra economia sarebbe probabilmente ancora in recessione. Dall’altro, però, c’è una certa saggezza nello scetticismo di molti. L’Europa, ma anche tutti i Paesi seduti intorno al tavolo del G20, può riprendere la strada della crescita in modo convincente solo se i governi saranno in grado di fare la loro parte. Se le Banche centrali possono mettere olio sulla ruota, non possono essere loro ad affrontare i grandi problemi della crescita e della distribuzione del reddito tra Paesi e, all’interno di ognuno di essi, tra differenti segmenti della società. Su questi temi devono essere i governi eletti a pronunciarsi e a formulare politiche percorribili.
La verità è che non bisogna essere ingenerosi con i tecnocrati delle Banche centrali. Piuttosto dobbiamo riflettere sull’inadeguatezza di chi ci governa e ci rappresenta e, in particolare, sulla generale incapacità a dare maggiore contenuto alla nostra democrazia, a comunicare con i cittadini in modo più onesto e trasparente, ad ammettere le difficoltà oggettive e l’incertezza del contesto in cui si è chiamati a decidere ma senza rinunciare al coraggio di scegliere. È un tema nazionale ed europeo.
Per l’Europa le difficoltà non sono finite. È essenziale che alla azione della Bce si affianchi anche una iniziativa volta ad aumentare gli strumenti di politica economica a livello europeo, in particolare nei campi della spesa pubblica e della tassazione. Nel contesto della crisi greca si sono sentite in estate voci incoraggianti, disposte ad andare avanti su questa strada. Mi auguro che simili attese non vadano deluse.
Squilibri Esiste una generale incapacità di dare maggiore contenuto alla nostra democrazia Strategie All’azione della Bce vanno affiancate iniziative nella spesa e nella tassazione