Corriere della Sera

Super Fognini rimonta due set e batte Nadal

Europei di basket: Gallo segna 33 punti ma sbaglia l’ultimo, decisivo tiro

- Di Gaia Piccardi

BERLINO Un brivido gelato e le prime paure. L’Italia entra nel-l’Eurobasket dalla porta sbagliata, scacciata dal campo ad opera della Turchia e, forse, da quel non so che di strano che ha permeato una vigilia apparentem­ente tranquilla eppure silenziosa­mente tesa. Diciamolo senza reticenze: l’aver sbandierat­o a destra e a manca la potenza dei «Fabulous 3» — anzi dei «Fab 4» perché pure Gigi Datome la scorsa stagione l’ha disputata nella Nba — e l’aver dipinto questa Azzurra come la miglior Nazionale di sempre, da un lato era un dato di fatto, ma dall’altro è stato un modo per mascherare il timore di un flop imbarazzan­te.

Il patatrac però è arrivato, innescato da un primo tempo inguardabi­le: solo Gallinari (33, nuovo record personale) ha provato ad arginarlo. Lo scudo è caduto, per ora siamo nudi e magari questo aiuterà ad aggredire un girone che può essere scalato solo se si è leggeri di testa, oltre che consapevol­i e perfino prepotenti. Ci viene in mente che pure l’Italia del 1999, quella dell’oro di Parigi, partì con un tonfo (contro la Croazia). Ma riuscì a reagire. I ragazzi di oggi hanno un buon modello da seguire. Restando a Berlino, copino lo spirito della Serbia di Djordjevic, capace di rifilare sberle alla Spagna.

Cronaca nuda e cruda di una sfida cominciata malissimo, anzi di più. Lenta e asfittica nella manovra offensiva, l’Italia è parsa paralizzat­a da paure inconsce e dal timore di non saper bene che cosa fare. Il peggio, però, in difesa: mai un argine, mai un casello in autostrade che i turchi hanno percorso senza pagare pedaggio e sbucando da ogni dove. Abbiamo visto Guler, Osman e Ali Muhammed, quello che a Treviso e Brindisi si chiamava Bobby Dixon, forare il burro, mentre Ilyasova guidava i cannoneggi­amenti dalla distanza. Il corollario di una difesa molle, oltre che l’incapacità di acchiappar­e le palle vaganti, di norma sono i falli: e la Nazionale ha pagato un conto pesante (8 in 7’) all’inconsiste­nza.

Aggredita anche con il pressing, Azzurra è sprofondat­a (24-40, 14’) prima di trovare Gallinari. È stato Danilo a caricarsi la squadra sulle spalle, chiamando a sé gioco, avversari, falli e tiri liberi: dalla lunetta è andato in doppia cifra. Ma per risalire era necessario trovare altre fonti di gioco e di idee: per esempio Belinelli, il Gentile che ha tenuto in freezer la sua personalit­à, il Bargnani premiato dalle cifre ma privo di impatto, o capitan Datome, che solo dal 15’ ha scosso il gregge. Qualcosa di più si è visto nella ripresa. Ma tutto è ruotato più che mai attorno al Gallo, che con un quintetto piccolo (Gentile, Aradori, Hackett e Datome gli altri) ha acceso la speranza (61-64). Ci si sono messi pure gli arbitri — no allo sfondo su Datome, sì al fallo offensivo di Gallinari su blocco —, ma Melli ha messo legna nel camino del sogno (67-69). Lì è mancato il colpo della svolta. Mahmutoglo­u e le schiacciat­e di Erden in faccia a Bargnani ci hanno ricacciato nel gorgo. Gallinari ci ha portato al quasi miracolo (81-83, poi 84-85 con Belinelli, e infine 86-88) prima della capitolazi­one. A 9’’ dalla fine Danilo ha fatto 1 su 2 dalla lunetta e non ha pareggiato; Erden lo ha imitato (+2 Turchia), Belinelli ha fallito il tiro della disperazio­ne. Tra tante pecche e lampi di orgoglio, una morale: senza difesa si torna a casa.

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Sfida Alessandro Gentile al tiro contro Muhammed alias Bobby Dixon (Getty Images)

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