IL MESSAGGIO E I TONI
In riva al lago di Como l’esordiente Matteo Renzi ha sicuramente segnato un punto a suo favore. E stavolta non ha avuto bisogno nemmeno di fare il bullo o di polemizzare con gli immancabili gufi. Davanti agli industriali e agli eurocrati che lo attendevano e gremivano la sala del workshop Ambrosetti il presidente del Consiglio — forse il più giovane tra gli accreditati a seguire i lavori — ha mandato un messaggio chiaro: il governo di Roma c’è, non ha nessuna intenzione di staccare la spina, sa perfettamente cosa fare e non sarà facile per
nessuno buttarlo giù prima del fatidico 2018. È capitato che in passato qualche presidente del Consiglio dovendo incontrare una platea di imprenditori subisse la tentazione di confezionare in quattro e quattr'otto un «provvedimento-bistecca». Una norma, quasi sempre di defiscalizzazione, da dare in pasto alla platea per creare un clima favorevole, conquistare qualche applauso in più e persino orientare i titoli dei telegiornali e dei quotidiani del giorno dopo. Renzi è troppo sicuro di sé per ricorrere a questi escamotage e anzi è venuto a Cernobbio convinto di poter ribadire il primato di una politica che — ci ha tenuto a sottolinearlo — ha saputo rinnovarsi (più della finanza e del giornalismo) e che non deve chiedere sconti proprio a nessuno. Tantomeno a delle élite che in cuor suo il premier giudica attempate e dimissionarie.
L’analisi dell’economia e della crisi italiana che Renzi ha sciorinato ieri non ha offerto particolari novità. Francamente non ci ha detto cose che non sapessimo. Il premier è parso iper ottimista sulla vitalità delle nostre imprese e sulla tenuta delle esportazioni e si è mostrato altrettanto sicuro che i consumi delle famiglie stiano già risalendo, come dimostrerebbe «la settimana di ferie in più che gli italiani hanno fatto ad agosto». Tagliare le tasse sulla casa serve proprio per consolidare questo rapporto di fiducia e rimuovere un ostacolo alla ripresa che non ha esitato a definire «psicologico». Se proprio vogliamo individuare una discontinuità la possiamo rintracciare nell’approccio più spregiudicato del passato verso la bontà degli investimenti pubblici: Renzi ha coccolato i manager delle aziende di Stato presenti in sala e ha ribadito che ha tutta l’intenzione di finanziare infrastrutture e banda larga. È chiaro che questa renzinomics di stagione si tiene in piedi solo negoziando con Bruxelles margini più o meno ampi di flessibilità ma il presidente del Consiglio non sembra nutrire il minimo dubbio sul successo dell’operazione.
Non lo dice ma evidentemente conta molto sull’aiuto di Angela Merkel. Nel gioco delle citazioni, infine, un trattamento d’onore il premier l’ha riservato al ministro dell’Economia Piercarlo Padoan, un omaggio inatteso l’ha tributato ad Alexis Tsipras («È un argine contro il populismo») e poi ha speso molte parole per cinguettare con un Bobo Maroni presente nelle prime file e lieto di stare al gioco.