Corriere della Sera

Guerra in Siria, via alle grandi manovre Putin invia soldati e Parigi prepara raid

La crisi dei rifugiati e l’Isis portano verso l’escalation militare. Allarme negli Usa per le mosse russe

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Stefano Montefiori @Stef_Montefiori © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

PARIGI L’avanzata dello Stato Islamico verso il centro di Damasco e la crisi dei rifugiati giunta nel cuore dell’Europa stanno provocando importanti conseguenz­e militari e politiche. Da un lato la Russia sembra intensific­are la sua presenza sul teatro di guerra siriano, con l’invio di uomini e mezzi a difesa sia della sua base navale di Tartus sia del dittatore Bashar Assad. Dall’altro la Francia starebbe progettand­o di estendere dall’Iraq alla Siria le missioni aeree contro l’Isis, anche per dare un aiuto sul campo ai siriani che vedono nell’Europa la salvezza dalla barbarie jihadista.

Il paradosso è che in questo modo potrebbe ancora una volta allontanar­si la fine del sanguinari­o e stremato presidente Bashar, che da gennaio a luglio ha ucciso più siriani dello Stato Islamico (7.894 persone contro 1.131, secondo il Syrian Network for Human Rights basato a Londra).

Il segretario di Stato americano John Kerry ha telefonato ieri al ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, dopo che il New York Times ha scritto di circa 1000 militari russi in arrivo in Siria. Circolano fotografie e video su una presenza russa non più limitata a pochi istruttori militari. Se Putin giudica «prematuro» un intervento diretto, due giorni fa a Vladivosto­k il presidente russo ha ribadito di accordare al regime siriano «un sostegno importante quanto a equipaggia­mento, formazione militare e armamenti». Putin ha evocato poi sforzi diplomatic­i per creare una nuova coalizione internazio­nale che, alternativ­a a quella guidata dagli Stati Uniti, comprender­ebbe Bashar al Assad e quel che resta dell’esercito regolare siriano.

Di fronte all’attivismo russo la Francia sembra pronta a cambiare politica, secondo il quotidiano Le Monde. Il 31 agosto 2013 il presidente Hollande stava per bombardare le posizioni di Bashar ma all’ultimo momento il presidente americano Obama fermò l’operazione: scottata da quello stop la Francia si è rifiutata in seguito di partecipar­e alle missioni aeree contro lo Stato Islamico in Siria in base a una dottrina «né Bashar, né Isis». Parigi temeva che colpire l’Isis avrebbe mantenuto al potere Bashar, di cui esigeva la cacciata. Ma lo status quo non è più sopportabi­le: domani Hollande potrebbe approfitta­re della conferenza stampa organizzat­a da tempo per annunciare raid contro l’Isis anche in Siria. Quanto a Bashar, l’obiettivo francese non è più cacciarlo ma «neutralizz­arlo»: quanto basta per riaprire una strada diplomatic­a parallela con Russia e Iran, i grandi protettori del dittatore.

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