Binoche in fuga da una tragedia «Ma il dolore aiuta a crescere»
L’attrice in gara al Lido con «L’attesa», esordio alla regia di Piero Messina
«Oui, je suis Juliette Binoche». Un conto è accettare con entusiasmo di trasferirsi per settimane in Sicilia sul set di un regista debuttante, un altro rinunciare a essere quel che si è: un’attrice che ama i rischi, soprattutto se affrontati a modo suo. Abituata ad affidarsi all’istinto ancor prima che alle indicazioni di regia. «Sono i ruoli che scelgono me» spiega con candore Binoche che a Venezia 72 accompagna l’arrivo del primo italiano in gara, Piero Messina, con L’attesa. Il personaggio di Anna — pronta a costruirsi un bozzolo di realtà in cui rifugiarsi pur di non accettare l’indicibile, la perdita di un figlio — era perfetto, spiega, per arricchire la sua collezione di donne complesse e misteriose, piene di contraddizioni. «Lo ammetto, sono una mia specialità», scherza.
Si è lasciata conquistare «dall’intelligenza della sceneggiatura» (scritta da Messina con Giacomo Bendotti, Ilaria Macchia e Andrea Paolo Massara, ispirandosi a La vita che ti diedi di Pirandello) e dalla sensibilità del regista, dice, «dal suo fuoco, desiderio folle di avermi nel suo film». Ha preferito, però, mettere le cose in chiaro fin dall’inizio delle riprese. «I primi giorni lui mi ha dato indicazioni molto precise. Al terzo giorno gli ho detto: noi due dobbiamo parlare: o mi lasci fare, se no non riesco a esprimermi. Senza libertà non posso recitare».
Messina, siciliano di Caltagirone, classe 1981, conferma. «Una volta sul set mi ha detto: Il bacio Amber Heard (29 anni), nel cast di «The Danish Girl», bacia il marito Johnny Depp (52) “Io non recito, io sono”. È riuscita a calarsi nel dolore di Anna, a viverlo, sporcandosi le mani e scoprendo in lei cose nuove. Io da regista la guardavo fare e selezionavo i ciak».
La cognizione del dolore per la protagonista de L’attesa è un processo lento. «Non arriva ad accettare l’insopportabile, ovvero la cosa peggiore che può succedere a una madre, perdere il figlio, e si crea un mondo per sopportare di continuare a vivere, cerca di proteggersi», spiega Binoche.
Non riesce a trovare le parole per dirlo. Nemmeno alla fidanzata del figlio Giuseppe, Jeanne (Lou de Laâge), di cui non riesce a evitare l’arrivo nella grande villa adagiata nell’entroterra, protetta dalla nebbia che sale lungo le falde dell’Etna. Si ritroveranno, le due donne, a convivere in una dimensione separata, complice la possibilità di utilizzare il francese. Piano piano Anna la trascina dentro il suo bozzolo. E si sorprende a vivere. «È una scoperta anche per Anna, attraverso il rapporto con la ragazza recupera una vitalità inaspettata». Non si stupisce, Juliette, del percorso emotivo del suo personaggio. «Si crea un mondo magico per poter affrontare la verità. Di questo è fatta la vita: le separazioni, la morte, la gelosia, i tradimenti. Sono ostacoli che ci aiutano a crescere».
Applausi convinti alla proiezione ufficiale, qualche dissenso a quella per la stampa. L’attesa — produzione Indigo, in sala il 17 settembre con Medusa — nasce dal racconto di un amico, spiega Messina. «Mi parlò di un suo conoscente che aveva rimosso una perdita dolorosa, coinvolgendo in questa negazione del lutto chi gli stava intorno». Mescolato ai ricordi da bambino («Per me Sicilia e infanzia sono sinonimi») di processioni altrettanto inverosimili dove «la statua di legno smetteva di essere un simulacro e diventava reale. Amo il realismo emotivo, la verosimiglianza non mi interessa». Ancor meno si appassiona al gioco di somiglianze tra il suo cinema e quello di Sorrentino di cui è stato assistente: «Semplificazioni».
Juliette: «Lo ammetto, le donne complesse e piene di contraddizioni sono la mia specialità»