Corriere della Sera

Buffon, certezza in una squadra che cambia

Oggi 150ª presenza: «L’Europeo? Come la Champions. È difficile, però...»

- Paolo Tomaselli

PALERMO La Juve che perde le prime due partite di campionato. La Nazionale che traccheggi­a e punta sempre meno sul blocco storico bianconero — tre giocatori di media in campo nelle 11 partite della gestione Conte —. Non si può dire che le certezze abbondino, ma in mezzo a tutto questo, c’è un monumento che dà sempre sicurezza.

Il cartello appeso per l’occasione dice: «Centocinqu­anta presenze in azzurro»: quando Gigi Buffon ha esordito in Nazionale il 29 ottobre 1997 in Russia, gli azzurri di oggi erano quasi tutti alle scuole elementari e sono diventati calciatori sognando di fare gol a un portiere del genere o di averlo alle spalle, capace di nascondere gli errori della difesa. «150 partite sono tante. Ho letto che ambirei ad arrivare a 200, ma tassativam­ente vi dico che non è un mio obiettivo. Voglio farmi trovare ancora presente ad alto livello, questo sì: ma per dieci, venti, trenta o due partite, quello lo vedremo».

Conte accanto al suo capitano parla di «stima immensa per l’uomo e il calciatore: trovare un solo aggettivo per Gigi vuol dire fargli torto». Buffon si è seduto tre volte davanti ai giornalist­i in questo inizio di campionato: a Shanghai prima della Supercoppa contro la Lazio e due volte in azzurro al fianco del c.t., suo ex compagno ed ex allenatore di club.

In ogni occasione il portiere ha lanciato segnali di fumo sul suo futuro: «Se pensassi oltre l’Europeo francese sarei un visionario, nel calcio non si possono fare programmi a lunga scadenza — ha ripetuto —. Voglio smettere entro i 40 anni, ma prima di smettere voglio vincere qualcosa con la Juve o con la Nazionale — ha aggiunto ieri a Sky —: credo che conquistar­e l’Europeo con l’Italia sia come pensare di vincere la Champions con la Juve». Ovvero molto difficile, visto che nelle ultime due occasioni, nelle finali di Kiev e Berlino, sono arrivate le sconfitte contro Spagna e Barcellona, ma non impossibil­e.

«In diciotto anni di azzurro ho visto picchi di grandissim­o entusiasmo ma anche di disinteres­se abbondante: mentre 15 anni fa con Malta facevi il tutto esaurito oggi ti devi accontenta­re, perché il tifoso è abituato a vedere tanti eventi importanti e a volte sceglie di andare a mangiare la pizza. Da parte mia in Nazionale trovo sempre le motivazion­i per qualsiasi tipo di partita. Perché col tempo ho acquistato la consapevol­ezza: quando capisci quello che fai e hai fatto, ne assapori il valore e non puoi peccare di presunzion­e e snobismo».

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