Corriere della Sera

Sigarette addio cambio di denaro

Le politiche antitabagi­smo hanno dato buoni risultati, tuttavia rimangono molto numerosi coloro che non riescono a resistere al fumo. Così, per esempio negli Stati Uniti, si sperimenta­no anche innovative forme di incentivaz­ione

- Vera Martinella

Oinffrire incentivi economici, bonus o buoni acquisto di vario genere potrebbe essere un metodo efficace per convincere i fumatori a dire addio al tabacco? Nella comunità scientific­a, la questione è ormai aperta, ma ancora molto dibattuta. In America e in Gran Bretagna sono già state fatte diverse sperimenta­zioni e gli esiti sembrano positivi.

Prima di farne una questione di principio, occorre partire da un dato di fatto: il fumo continua a essere la prima causa di morte evitabile in tutto l’Occidente e uccide ogni anno solo in Italia più di 70 mila persone. Non solo: «Undici milioni di italiani continuano a fumare e il numero non diminuisce — spiega Roberta Pacifici, responsabi­le dell’Osservator­io Fumo, Alcol e Droga (Ossfad) dell’Istituto superiore di sanità —. Da più di cinque anni siamo praticamen­te in una situazione di stallo: non riusciamo né a far calare in modo significat­ivo il numero di quanti iniziano, né a far aumentare il numero di quelli che riescono a smettere » . I dati Ossfad indicano chiarament­e che da anni il 30% dei tabagisti cerca di smettere senza successo. «E la situazione è aggravata dal fatto che, in media, i nuovi fumatori iniziano a 18 anni e smettono verso i 42, accumuland­o quindi, sempre in media, più di 20 anni di danni — aggiunge Pacifici —. Di fronte a questo panorama, ogni soluzione che ci aiuti a raggiunger­e l’obiettivo va presa in consideraz­ione».

Certo servono studi scientific­i che valutino e indichino come procedere. In quest’ottica vanno letti i diversi tentativi in atto soprattutt­o negli Stati Uniti, dove il sistema «quit&win» (smetti&vinci) viene già utilizzato per spingere l’elevato numero di obesi a perdere peso.

Una delle sperimenta­zioni più recenti e più numericame­nte significat­ive ha coinvolto oltre 2.500 persone seguite per sei mesi: a un gruppo è stato chiesto di depositare inizialmen­te 150 dollari che sarebbero poi stati resi, con l’aggiunta di un premio di 650 dollari, a chi avesse concluso con successo il programma di disassuefa­zione dal fumo; ad altri non è stata chiesta alcuna «cauzione», ma è stato solamente offerto un premio finale di 800 dollari in caso di riuscita. A tutti, comunque, sono stati proposti sostegno gratuito con personale qualificat­o e la terapia sostitutiv­a della nicotina per attenuare i sintomi dell’astinenza. I risultati dello studio, pubblicati sul New England Journal of Medicine, mostrano che i maggiori successi sono stati ottenuti fra quanti avevano dato la cauzione: a sei mesi aveva smesso il 52,3% dei tabagisti del primo gruppo, contro il 17% del secondo. D’altro canto bisogna tenere conto che, in fase di arruolamen­to, molte persone hanno rifiutato di partecipar­e al programma dovendo anticipare dei soldi.

«Sono esiti interessan­ti — commenta l’oncologo Umberto Veronesi, da sempre impegnato nella lotta al fumo —. Visto che siamo di fronte a un problema mortale e difficile da ri- solvere, ogni tentativo va valutato. Se i premi, in denaro o di altro tipo, possono aiutare perché scartarli? Proibizion­ismo e terrorismo non funzionano, allora tentiamo ». È possibilis­ta anche Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacolog­iche Mario Negri: «Credo che si dovrebbe puntare di più sull’aumento del prezzo delle sigarette, su divieti in parchi, stadi e locali all’aperto — dice — e sull’inseriment­o a carico del Servizio sanitario dei farmaci che aiutano a smettere di fumare, così da renderli gratuiti per i pazienti. Ma l’incentivo economico può essere comunque una soluzione per casi estremi, come ad esempio le fumatrici in gravidanza e in allattamen­to».

A questo proposto, esperti dell’Università di Cambridge e del King’s College di Londra hanno condotto un esperiment­o con 239 fumatrici incinte residenti alla periferia di Chesterfie­ld (considerat­a molto povera), offrendo loro buoni-shopping di valore crescente man mano che superavano i controlli periodici. Il test voleva verificare se i voucher fossero una spinta efficace per smettere di fumare e quante donne avrebbero mentito per avere i buoni. Gli esiti sono stati giudicati incoraggia­nti: sei donne su dieci hanno ricevuto almeno un tagliando, dimostrand­o di voler provare a smettere di fumare; una su 5 ha smesso fino alla nascita del bimbo e 25 fino a sei mesi dopo il parto. Solo il 4% ha tentato di barare.

Le cifre In Italia da 5 anni non calano in modo rilevante né i nuovi fumatori né quelli che si liberano dal ”vizio”

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