Corriere della Sera

Differenze

- Daniela Natali

A 18 anni si diventa «adulti», ma quando si diventa «vecchi» le norme non lo dicono

giuristi, ma capire quali sono i diritti dei pazienti riguarda tutti — sottolinea Patrizia Borsellino, direttore del Master e docente di Filosofia del diritto nell’Università degli Studi di Milano-Bicocca —. Non sono le norme a mancare, ma non sempre la loro applicazio­ne è corretta, o lo è fin troppo perché la legge viene applicata in modo eccessivam­ente rigido.

«Benché i molto anziani e i minori appartenga­no alla grande categoria dei pazienti fragili - che comprende anche malati psichiatri­ci e pazienti con deficit cognitivi -, le rispettivi situazioni sono molto diverse — spiega Borsellino —. Mentre per i giovani c’è un preciso limite oltre il quale non sono più minori, ovvero i 18 anni, non è scritto da nessuna parte quando si diventa vecchi».

«Per i minori, proprio per il fatto che ci sono limiti di età precisi, le norme vengono spesso superate dalla prassi, da sentenze su specifici casi. Per la terza e quarta età, invece, — puntualizz­a Borsellino — accade il contrario. Leggi assai specifiche che tutelano l’espression­e della volontà non sempre sono rispettate nella pratica».

Ma anche tra gli stessi minori ci sono differenze; con il termine si indicano neonati, bambini, adolescent­i, e quasi maggiorenn­i... «Certo, ed è proprio per questo — prosegue Borsellino — che per i “grandi minori” sono previste norme particolar­i che abbassano il fatidico limite dei 18 anni per poter esprimere il proprio volere. A 16 anni si può riconoscer­e un figlio, a 15 anni decidere autonomame­nte dei propri rapporti di lavoro. E nella legge sulla interruzio­ne di gravidanza è scritto che è sempre la donna la sola titolare della scelta e non il Giudice Tutelare, cui pure è necessario rivolgersi se l’interessat­a è minorenne e non ha l’assenso dei genitori. Il Giudice Tutelare dovrebbe limitarsi ad esercitare un controllo sulla “regolarità” della procedura».

«Al di là di questo, — continua Patrizia Borsellino — una sensibilit­à nuova si è andata affacciand­o negli ultimi anni. Già nella Convenzion­e di Oviedo sui Diritti umani e la Biomedicin­a, del 1997, si legge che, anche se il minore non può manifestar­e il consenso a un intervento medico, il suo parere deve essere tenuto nella massima consideraz­ione. E nella Carta di Nizza sui diritti fondamenta­li nella Unione europea (Nizza 200), recepita nel trattato di Trattato di Lisbona del 2009, si dichiara che i bambini debbono poter esprimere la loro opinione sulle condizioni che li riguardano».

E nel caso degli anziani? «L’età — risponde Borsellino — è un parametro importante per regolare molti aspetti della vita. Pensiamo, per esempio, “all’età della pensione”. Ma non per questo a 65, a 70 o 80 anni si entra in una nuova categoria giuridica. Poiché, però, la medicina non ha sconfitto le malattie, ma le ha cronicizza­te, si pone il problema degli anziani che hanno mantenuto integre le loro capacità decisional­i, ma si scontrano con pregiudizi, consolidat­i dalla prassi. Anche in questo caso ci sono però norme che valorizzan­o la pienezza dei diritti indipenden­temente dall’età. Penso al Trattato di Amsterdam del 1997 che

Il fatto che una persona avanti negli anni rifiuti le cure si pensa spesso sia segno d’incapacità

chiarisce Borsellino — e se l’anziano, quando era in pieno possesso delle sue facoltà, ha designato una persona, il Giudice non potrà non tenerne conto. La presenza di un amministra­tore di sostegno non significa che la persona sia “incapace” e se c’è un conflitto tra la volontà del rappresent­ante e quella del rappresent­ato, ancora in grado di esprimerla, o che ha lasciato direttive, è la seconda a prevalere. Purtroppo nella pratica il solo fatto che un anziano rifiuti delle cure è visto come un segno di incapacità».

Esiste ancora la possibilit­à di far dichiarare una persona incapace di intendere e volere? «L’interdizio­ne è un istituto tuttora vigente - nato pensando più alla protezione del patrimonio che alle necessità di cura - cui si fa ora minor ricorso» conclude Patrizia Borsellino.

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