Il governo migliora le stime sulla crescita
«Sulle pensioni valutiamo interventi per la flessibilità in uscita, senza gravare sui conti»
Il governo si prepara a rivedere al rialzo le sue previsioni sul Pil, il Prodotto interno lordo. Il ritocco dovrebbe essere formalizzato nella nota di aggiornamento al Def, il Documento di economia e finanza, che sarà presentato al Parlamento entro il 20 settembre. Al momento le stime ufficiali dicono che il Pil dovrebbe crescere dello 0,7% quest’anno e dell’1,4% nel 2016. La correzione su cui il governo sta ragionando farebbe salire la crescita per l’anno prossimo di un altro 0,2%, portandola all’1,6%. Più delicata la stima per il 2015. Probabile che il governo scelga un incremento minimo dello 0,1%, portandola a un più 0,8%. Ma è anche possibile un segnale più marcato. Renzi: ridiamo ai Comuni le tasse abolite.
Matteo Renzi muove su tasse, pensioni e riforme costituzionali. Alla vigilia dell’autunno il premier traccia il solco che contrassegnerà le prossime settimane di lavoro dell’esecutivo. A cominciare da un intervento sulla legge Fornero per introdurre maggiore flessibilità alle regole del sistema pensionistico. Un principio però, ribadisce Renzi ospite a Porta a Porta, resta inderogabile: l’operazione non dovrà comportare costi aggiuntivi per le casse pubbliche. «Dobbiamo trovare un meccanismo —spiega il premier — per cui chi vuole andare in pensione un po’ prima rinunciando a un po’ di soldi possa farlo. Il problema è quanto prima e quanti soldi » . Renzi indica anche l’orizzonte temporale dell’intervento: «spererei nelle prossime settimane e mesi. Sono ottimista ma per lo Stato deve essere a somma zero».
Un’indicazione che lascia aperta l’eventualità di modifiche inserite nella legge di Stabilità. Certo è che anticipare l’uscita dal mondo del lavoro comporterà un taglio significativo della pensione, l’altro dato è che il bilancio pubblico non si farà carico delle misure predisposte dal governo. Per le donne attive nel settore privato nel 2016 scatterà, inoltre, il meccanismo che sposta la soglia della pensione a 65 anni e 7 mesi, rispetto all’attuale quota di 63 anni e 9 mesi. Renzi, insomma, sembra, per ora, non raccogliere gli appelli dei sindacati che chiedono di rivedere la legge, senza penalizzare coloro che decideranno di anticipare l’uscita dal mondo del lavoro.
Oltre alle pensioni il premier tocca il tema che lo ha spinto a polemizzare con Bruxelles: il taglio delle tasse sulla prima casa. Il capo del governo non accetta lo schema che suggerisce di trasferire il carico fiscale dalle persone ai patrimoni. Tanto da spiegare ancora una volta che «il 16 dicembre sarà l’ultimo giorno in cui si pagherà la tassa sulla prima casa». Renzi, del resto, rivendica la scelta specificando: «Ci dicono che favoriamo i ricchi, ma chi è stato 30 anni a lavorare e si è spezzato la schiena è giusto che non paghi niente, chi ha la seconda, terza, quarta casa è giusto che paghi». Il fronte aperto da Renzi è strettamente correlato alla sostenibilità dei bilanci comunali, ragione che spinge il premier a rassicurare i suoi ex colleghi sindaci. «Noi abbiamo tolto Imu e Tasi e daremo ai comuni un assegno corrispondente, non facciamo un’operazione per cui tagliamo e i municipi aumentano le tasse». L’ospitata a Porta a Porta è anche l’occasione per assestare l’ennesimo colpo a chi, compresa la minoranza del Pd, accarezza l’idea di bloccare le riforme costituzionali. Le intenzioni di Renzi sono esplicite.
Un approccio che piace al presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. Ieri il numero uno degli Industriali ha difeso le norme del Jobs act, polemizzando aspramente con i rappresentanti di Fiom-Cgil. Che il 9 settembre hanno organizzato a Modena il D-Day contro «le ingiustizie del lavoro». I sindacati stanno diffidando le imprese dall’applicare il Jobs Act. Una posizione che Squinzi ha bollato come «anacronistica». Parlando all’assemblea di Unindustra di Bologna il presidente di Viale dell’Astronomia ha contrattaccato: «Sento dei tentativi da parte sindacale, in alcuni territori, di intimare alle imprese di disfare per via contrattuale alcune delle innovazioni legislative più qualificanti del Jobs Act, innovazioni che portano la legislazione lavoristica italiana verso la normalità europea e che come tali sono state giudicate anche dalle più importanti organizzazioni internazionali». Secondo Squinzi misure come la riforma del lavoro e la decontribuzione sulle nuove assunzioni vanno difese perché «abbiamo 134 mila posti di lavoro in più, una tendenza che, se proiettata significa un punto e mezzo percentuale in più in un anno».
Il presidente di Confindustria ha, infine, espresso perplessità sull’annuncio del taglio di Imu e Tasi da parte di Renzi. Meglio sarebbe intervenire abbassando il carico fiscale sul lavoro, ha detto.
Squinzi contro Fiom Jobs act, il leader di Confindustria contro la Fiom che non vuole sia applicata la legge