Napoli, la guerra dei boss ragazzini
Nuove sparatorie in città. La guerra per conquistare le piazze dello spaccio
Il rapporto 2015 della Procura Antimafia lo dice chiaro: le baby gang arruolate dai clan «sono composte prevalentemente da ragazzi di ambienti familiari degradati e con basso livello di scolarizzazione».
La posta in gioco nella guerra tra gang che si sta combattendo a Napoli è il controllo delle piazze di spaccio. Ci si contende quelle del centro storico, con lo scontro in atto da tempo tra i clan di Forcella e della Sanità, ma ora sta succedendo la stessa cosa anche al rione Traiano, periferia a ridosso dell’area flegrea dove un anno fa fu ucciso per errore da un carabiniere, durante un inseguimento, il diciassettenne Davide Bifolco.
Sono zone di Napoli distanti e diverse, Forcella e la Sanità e il rione Traiano, ma lo scenario è lo stesso e uguali sono anche gli eventi che si ripetono con frequenza impressionante. Nel centro storico — dove l’altra notte in piazza Sanità è stato ucciso il 17enne Gennaro Cesarano durante un raid del quale ora la polizia è convinta che fosse proprio lui l’obiettivo — i primi segnali della guerra furono le scorribande notturne di giovani in moto che sfrecciavano sparando dappertutto. Da tre notti al rione Traiano sta succedendo la stessa cosa: sventagliate di Kalashnikov, gente che si trova i proiettili sul balcone o addirittura la porta di casa sfondata a colpi di mitra. Ieri mattina è stata trovata pure una bomba a mano a terra davanti a un garage.
Tira una bruttissima aria, e anche per questo il ministro dell’Interno Alfano ha deciso di mandare a Napoli cinquanta uomini, tra poliziotti e carabinieri, per rinforzare i servizi di controllo del territorio. «La Sanità e il rione Traiano saranno presidiati 24 ore su 24», assicura il prefetto Gerarda Pantalone. Che aggiunge: «Non si tratta di militarizzare la città ma di far sentire la presenza dello Stato».
Ne saranno felici i tantissimi napoletani per bene che vivono nei quartieri infestati dai clan e che sono i primi a pagare le conseguenze di quello che sta accadendo. Ieri alla Sanità c’è stato, per la prima volta, un accenno di mobilitazione, cosa mai accaduta dopo i precedenti omicidi della faida. Una manifestazione organizzata in fretta dagli amici di Gennaro Cesarano per dire che lui, a differenza di quella che è l’ipotesi investigativa, è una vittima innocente di questa guerra, che era un ragazzo pulito e che i suoi precedenti per rapina non c’entrano niente con quello che era diventato adesso. «In un quartiere malfamato come questo sono molti i ragazzi che si mettono in qualche guaio, ma mio nipote lo aveva fatto una sola volta ed era una cosa del passato. Lui ora era tranquillo», giura uno zio.
Non hanno invece sfilato le mamme del quartiere, quel gruppo di donne che già da giorni ha cominciato a chiedere una reazione civile contro questa escalation di violenza proprio per difendere i propri figli che — per caso o no — rischiano ogni giorno di trovarsi nel mezzo di una sparatoria. Sono scese in piazza, ma poi hanno lasciato che a sfilare fossero i ragazzi. Tutti con addosso le magliette bianche con la foto di Genny fatte stampare in poche ore.