Chi ci guadagna se Imu e Tasi non ci sono più
Nella nota di aggiornamento al Def sarà indicata una crescita dell’1,6 per cento nel 2016 Possibile una revisione anche per quest’anno, fino allo 0,9%. Più margini con Bruxelles
Ogni volta che un governo cancella una tassa c’è chi beneficia in pieno dell’abolizione, perché il prelievo pesava molto su di lei o lui, e chi invece ne beneficia meno. C’è poi anche chi ci perde, se prima non era soggetto a quel prelievo ma ora viene chiamato (indirettamente) a compensare con la fiscalità generale la quota di spesa pubblica che quella tassa defunta copriva. A prima vista con l’annunciata abolizione di Tasi e di Imu potrebbe non andare così.
Sul numero preciso non c’è ancora certezza. Ma la tendenza sembra chiara, ed in economia è la tendenza che conta. Il governo si prepara a rivedere al rialzo le sue previsioni sul Pil, il prodotto interno lordo. Il ritocco dovrebbe essere formalizzato nella nota di aggiornamento al Def, il Documento di economia e finanza, che sarà presentato al Parlamento entro il 20 settembre.
Al momento le previsioni ufficiali sono quelle del vecchio Def, approvato ad aprile in Consiglio dei ministri. Dicono quelle tabelle che il Pil dovrebbe crescere dello 0,7% quest’anno e dell’1,4% l’anno prossimo. La correzione su cui il governo sta ragionando farebbe salire la crescita per l’anno prossimo di un altro 0,2%, portandola all’1,6%. Più delicata, invece, la stima per quest’anno. Probabile che alla fine il governo scelga un incremento minimo rispetto al vecchio Def, pari allo 0,1%, portando la previsione per tutto il 2015 ad un più 0,8%. Ma è anche possibile che il segnale sia più marcato con un incremento dello 0,2%, con un più 0,9%.
Sabato scorso era stato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan a dire che sulla crescita «possiamo ragionevolmente aspettarci qualcosa in più». E nei giorni precedenti era stata l’Istat a ritoccare l’andamento dei primi due trimestri 2015, arrivando alla conclusione che l’obiettivo dello 0,7% potrebbe essere centrato già alla fine di settembre. Con tre mesi ancora a disposizione, non dovrebbe essere così difficile andare oltre. Anche se è vero che il rallentamento dell’economia mondiale, dopo la crisi cinese, non lascia immaginare un finale d’anno particolarmente scoppiettante.
«I numeri di questi giorni - dice il viceministro dell’Economia, Enrico Morando - dimostrano come le previsioni che avevamo fatto nei mesi scorsi erano non attendibili ma super attendibili. Per questo considero molto probabile che si vada oltre le soglie già fissate». Ieri proprio il ministero dell’Economia ha diffuso nuovi dati sull’entrate fiscali che, nei primi sette mesi dell’anno, hanno registrato un aumento dello 0,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Un andamento che diventa ancora più positivo (+1,3%) se si considera che nel 2014 c’era stata un’entrata un tantum, e cioè l’extra gettito legato alla rivalutazione delle quote di Bankitalia.
La revisione al rialzo delle previsioni, non sarebbe solo un segnale «politico» e di fiducia. Ma avrebbe delle ricadute immediate e concrete sulle scelta di politica economica del governo. Una crescita più marcata migliorerebbe i saldi di finanza pubblica, alleggerirebbe il rapporto deficit-Pil, rafforzando indirettamente la dote che il governo punta a ottenere da Bruxelles in termini di flessibilità. E potrebbe spingere a un’inversione di tendenza anche nel rapporto fra debito e Pil, con il percorso di rientro che non sarebbe più un miraggio. Ma, soprattutto, darebbe al governo più risorse per finanziare tutti gli interventi annunciati in vista della legge di Stabilità.
Terzo trimestre Per l’Istat la crescita del Pil dello 0,7% potrebbe essere realtà già a fine settembre