Corriere della Sera

Le condizioni dell’Ue all’Italia «Road map sull’accoglienz­a o niente partenze per 3 mesi»

- Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it

Ci sono precise condizioni che l’Italia dovrà rispettare per poter distribuir­e i profughi negli altri Stati. E la più importante riguarda l’obbligo di trasmetter­e alla Commission­e europea una « road map » su quanto è stato fatto e si farà sull’accoglienz­a. Se la relazione non sarà consegnata nei termini previsti, per tre mesi verrà sospeso il trasferime­nto dei migranti. Il piano messo a punto dallo staff di Jean-Claude Juncker certamente penalizza il nostro Paese rispetto a Grecia e Ungheria, che con noi sono inserite nella lista di chi viene inizialmen­te esentato dalla divisione degli stranieri da accogliere visto che ha già abbondante­mente superato le quote fissate. La linea stabilita dal governo è quella di accettare le imposizion­i purché si raggiunga l’intesa che porti effettivam­ente a un sistema «permanente e obbligator­io per tutti». Ma su un punto non si torna indietro: nulla sarà fatto — soprattutt­o non saranno aperti i centri di smistament­o — sino a quando l’accordo non sarà operativo. E dunque, in vista della riunione del 14 settembre, si analizzano i nuovi capitoli contenuti nel testo, le regole sulle quali avviare comunque una mediazione.

Percentual­e su 8 mesi

Inizialmen­te si pensava di poter far andare via circa 80 mila migranti. E invece siamo fermi a poco più di 15 mila, che sommati a quelli già calcolati nel luglio scorso portano la cifra a poco meno di 40 mila (su un totale di 115 mila persone al momento in accoglienz­a). Rispetto a Ungheria e Grecia si tratta di cifre notevolmen­te inferiori e il motivo è semplice: si è fissata una percentual­e al 36 per cento ma riguarda soltanto gli stranieri giunti tra gennaio e agosto del 2015 e non quelli giunti precedente­mente. Un criterio che si mira a far modificare sul lungo periodo, quando si andrà a regime e si potrà avere un quadro più preciso sui numeri nei vari paesi.

La sanzione dello 0,1

I Paesi che decidono di avvalersi dell’«opt-out» dovranno versare una sanzione legata al Pil. Nel testo si parla di una percentual­e che può arrivare fino allo 0,1 ma qualcuno pensa che non si andrà oltre lo 0,002. In questo caso si tratterebb­e di una somma irrisoria e non «gravemente onerosa» come si era stabilito inizialmen­te. In realtà la Commission­e — al termine di negoziati andati avanti per tutta la settimana e tuttora in corso — ritiene più efficace limitare al massimo le possibilit­à di chiamarsi fuori. Per questo si è deciso di accogliere soltanto le «giustifica­zioni» davvero fondate e comunque legate a impediment­i reali (ad esempio la necessità di tempo per costruire un campo di accoglienz­a). In ogni caso l’opzione non potrà mai valere più di un anno.

Il trattato di Dublino

Non sarà una revisione completa, ma la bozza già prevede emendament­i a quel trattato che si è dimostrato inefficace rispetto all’ondata migratoria che ha coinvolto l’intera Europa. L’obbligo di rimanere nel Paese di primo ingresso fino al termine della procedura per ottenere lo status di rifugiato ha infatti convinto la maggior parte dei profughi siriani ed eritrei a non farsi identifica­re in modo da poter fuggire dall’Italia, dalla Grecia e dall’Ungheria per raggiunger­e le destinazio­ni finali negli Stati del Nord. Ma soprattutt­o ha costretto questi tre governi a provvedere all’accoglienz­a senza poter destinare subito una parte dei richiedent­i asilo lì dove avevano già manifestat­o l’intenzione di andare.

I rimpatri assistiti

La parte più debole e confusa appare quella che riguarda i migranti economici. Perché è vero che nella bozza della Commission­e si parla esplicitam­ente di «rafforzare la direttiva sui rimpatri e migliorare la collaboraz­ione con gli Stati terzi», ma non c’è un progetto concreto che preveda aiuti e investimen­ti nelle aree dalle quali partono queste persone e quindi non sembra facile riuscire a ottenere il via libera al ritorno a casa. Per questo l’obiettivo dell’Italia è la riapertura del negoziato per costruire dei campi di accoglienz­a in Nordafrica.

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Il ritorno Migranti recuperati da gommoni della Guardia costiera libica vengono riportati verso le coste del Paese nordafrica­no

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