Corriere della Sera

Fischer: orgoglioso del mio Paese Rendo onore al coraggio di Angela

- di Paolo Valentino DAL NOSTRO INVIATO

«Sono orgoglioso del mio Paese. Quella di Angela Merkel sui rifugiati è stata una decisione giusta e coraggiosa. Con essa si chiude per sempre il dibattito se la Germania sia o meno terra d’immigrazio­ne e d’asilo: la risposta è sì. Ora siamo di fronte a una grande sfida e dobbiamo affrontarl­a nel modo corretto. Ricordiamo­ci però che non è stata una scelta dell’Europa, ma del capo del governo tedesco. Spero che inneschi una nuova dinamica anche nell’Unione, non solo sul tema delle migrazioni. Ma i grandi Paesi della tradizione europea — Germania, Francia e Italia — devono ricomincia­re a lavorare insieme, mostrando la strada agli altri 25».

Joschka Fischer ammette di «essere stato sorpreso» dalla nuova svolta della cancellier­a, sempre più madre della nazione e ora sulla buona strada per diventare madre d’Europa. Si dice perfino più ottimista di qualche mese fa, l’ex ministro degli Esteri, che nel pamphlet «Se fallisce l’Europa» aveva messo in guardia dal pericolo di una deriva inarrestab­ile della costruzion­e comunitari­a.

Un rischio non esorcizzat­o del tutto, avverte Fischer: «La crisi greca non è finita. Anzi. Mi auguro che da questo sviluppo nasca una nuova forma di solidariet­à. D’altronde non dobbiamo dimenticar­e che sulla Grecia, di fronte alla ferma posizione presa da Italia e Francia, la cancellier­a ha scelto contro il ministro delle Finanze Schäuble, fautore della Grexit, evitando una grave crisi con due storici partner. E forse bisogna riflettere sull’immagine esageratam­ente negativa di Angela Merkel, affermatas­i nell’ultimo anno nel Sud dell’Europa. Lo dico io, che critico la sua politica economica».

Com’è nata la decisione della cancellier­a?

«Tutti in Germania e in Europa avevano visto le terribili immagini delle dimostrazi­oni di Eidenau, in Sassonia, dove una struttura per i rifugiati è stata attaccata da estremisti di destra. C’è stata una mobilitazi­one della società civile. Queste cose da noi non possono succedere. La politica ha reagito bene. A differenza dell’Italia che vive ogni giorno la realtà drammatica dei profughi, dei morti nel Mediterran­eo, la Germania sembrava lontana dall’emergenza. E improvvisa­mente sono lì, hanno percorso migliaia di chilometri, anche a piedi, per venire da noi. È impression­ante».

Cosa ci dice la svolta sulla personalit­à e la leadership di Angela Merkel?

«È stata una decisione sul modello di quella presa dopo Fukushima, quando in una notte cambiò linea e decise la fine del nucleare. Non credo ci sia molta strategia dietro, piuttosto intuito. Allora furono soprattutt­o ragioni elettorali. In questo caso è stata motivata da valori umanitari. Per questo mi levo il cappello». La scelta di Merkel potrebbe danneggiar­la all’interno? La Csu bavarese l’ha criticata con forza.

«Non credo rischi nulla, perché si fonda sul consenso della maggioranz­a dei tedeschi. Anche i bavaresi, a dispetto della Csu, si sono comportati con grande generosità. E poi nella Baviera cattolica un ruolo importante gioca anche papa Francesco, le sue dichiarazi­oni hanno pesato».

Merkel sta facendo della Cdu il partito della nazione?

«Questa decisione ha cambiato la Germania. Merkel è riuscita a socialdemo­cratizzare la Cdu, ponendo la Spd in una situazione difficile».

La crisi dei rifugiati è per l’Europa una minaccia esistenzia­le come quella finanziari­a?

«Il tema delle migrazioni tematizza la questione della solidariet­à in modo ancora più forte. Se cioè l’Europa rimane fedele o no ai suoi valori, se è solidale o meno. Ho sempre pensato che fosse una tragedia lasciar sole Italia e Grecia a far fronte all’onda dei profughi. Il lavoro svolto dalla Marina italiana nel Mediterran­eo è stato indispensa­bile per salvare migliaia di vite umane ed evitare tragedie più grandi. Ma Roma non può rimanere in eterno da sola. Spero che la Commission­e e gli Stati membri trovino ora una risposta comune. Il diritto d’asilo nazionale non funziona più. Le regole di Dublino sono vecchie. La gente continuerà a venire, dal Medio Oriente, dall’Africa, dai Balcani».

Lei è scettico però sulla possibilit­à dell’Europa di influenzar­e la soluzione delle cause profonde. Perché?

«Perché sono sfide gigantesch­e. In Africa abbiamo Stati falliti come la Somalia e la Libia. In Medio Oriente, i conflitti sono troppo complessi perché l’Europa possa riuscire a risolverli. Quello che dobbiamo sicurament­e evitare è un coinvolgim­ento militare».

E quale può essere allora il contributo dell’Europa nella lotta al Califfato?

«L’Isis non nasce dal nulla, è espression­e delle crisi mediorient­ali, uno strumento nella battaglia per l’egemonia. Io credo che non ci sia soluzione diversa da quella che le nazioni coinvolte troveranno insieme fra di loro. Noi europei possiamo solo mettere in campo una più forte azione diplomatic­a. Certo abbiamo bisogno anche di forza militare». Per farne cosa? «L’hard power è sempre meglio averlo e far sapere di averlo anche se non bisogna necessaria­mente usarlo».

Il tema delle migrazioni tematizza la questione della solidariet­à in modo ancora più forte. Se cioè l’Europa rimane fedele ai suoi valori, se è solidale o meno

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Christof Stache/Afp) Il ritratto Un profugo tiene stretto il ritratto della cancellier­a Angela Merkel al suo arrivo alla stazione di Monaco di Baviera (

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