Corriere della Sera

Grasso apre alle correzioni «Ci sono strumenti contro l’ostruzioni­smo»

Il presidente e le modifiche sull’elezioni diretta

- di Monica Guerzoni Monica Guerzoni

Il canguro «Una modifica o mille, non cambia, la politica trovi la soluzione per uscire dal cul de sac» Le pressioni Il fastidio per le pressioni e le «voci di Palazzo»: le mie scelte saranno solo tecniche

«Alla politica spetta trovare le soluzioni per venir fuori da questo cul de sac». Il primo a tifare per un accordo «vero e solido» dentro al Pd è il presidente del Senato. Stretto da mesi negli scomodi panni dell’arbitro, dal cui fischietto dipendono le sorti dell’incontro chiave della stagione, Pietro Grasso non vede l’ora di liberarsi dalla morsa. Per questo, raccontano ai piani alti di Palazzo Madama, la seconda carica dello Stato guarda «con una punta di ottimismo» a stasera, quando Renzi cercherà l’intesa con i suoi senatori.

Se il premier e segretario del Pd farà il miracolo, la ridda di interpreta­zioni non autorizzat­e finirà e Grasso potrà tirare un sospiro di sollievo, dopo settimane in cui le «voci di Palazzo Madama» gli hanno attribuito posizioni nelle quali stenta a riconoscer­si. Nei suoi ragionamen­ti l’ex magistrato non fa nomi, ma il pressing dei renziani più scalmanati deve averlo infastidit­o non poco tra virgoletta­ti anonimi, minacce più o meno velate e l’accusa — trapelata ancora ieri — che il presidente si apprestere­bbe a prendere decisioni senza precedenti, che qualcuno nel giro ristretto del premier avrebbe paragonato a un «golpe».

La verità, va ripetendo il diretto interessat­o, è che Grasso non ha deciso il destino dell’articolo 2, il passaggio della riforma costituzio­nale che fa litigare il Pd. Quando si è scritto che il presidente era pronto ad ammettere l’emendabili­tà dell’intero articolo del ddl Boschi, che contiene le norme sulla non elettività dei senatori, Palazzo Madama ha smentito. E adesso che nel governo c’è chi descrive Grasso intento a rassicurar­e Palazzo Chigi e pronto a emendare solo il comma 5 — dove alla Camera un «nei» è diventato «dai» — il presidente spazza via supposizio­ni, anticipazi­oni e fughe in avanti: «Non ho niente di nuovo da aggiungere. Ho ripetuto a chiunque che, finché non vedrò gli emendament­i presentati per l’Aula, non quelli per la commission­e Affari costituzio­nali, non mi potrò pronunciar­e».

Dopo aver passato settimane a rileggere la Costituzio­ne e il regolament­o del Senato e a studiare prassi e precedenti, Grasso ribadisce: «Le mie scelte saranno solo tecniche. Alla politica spetta trovare le soluzioni per venire fuori da questo cul de sac». L’inquilino di Palazzo Madama vuole una riforma che «duri per decenni» e per questo non si stanca di rinnovare l’appello al leader del Pd e alla minoranza del suo partito, perché stringano un accordo sulle «dovute correzioni» al testo. Solo così, è il suo monito, il governo potrà affrontare senza rischi la navigazion­e in aula.

«Una volta blindato un vero accordo tra le parti e messi in salvo i numeri che garantisca­no una maggioranz­a ampia e solida — tranquilli­zza il presidente — votare un emendament­o, cento, mille o un milione non cambia nulla. Anche perché in Senato ci sono ottimi strumenti contro l’ostruzioni­smo». Questo passaggio dei ragionamen­ti di Grasso sarà letto con la lente di ingrandime­nto da chi ha fretta di capire quale orientamen­to il presidente stia maturando. Davvero vuole ammettere gli emendament­i all’intero articolo 2? Per questo, pur senza nominarlo, evoca lo strumento parlamenta­re del «canguro» con cui, lo scorso anno, fu stoppata l’ondata ostruzioni­stica? Grasso non lo dice. E prova a placare le ansie del governo, lasciando intendere che se pure decidesse di aprire alle modifiche sull’elettività dei senatori — come la gran parte dei costituzio­nalisti suggerisce — non è vero che la tela di Penelope verrà irreparabi­lmente disfatta.

In commission­e sono stati ascoltati oltre trenta costituzio­nalisti, i cui interventi sono consultabi­li sul sito del Senato. Sei di loro hanno chiuso all’emendabili­tà dell’articolo della discordia, mentre una ventina hanno detto che il cuore della riforma si può (o si deve) rivedere. Ma guai a dedurne che Grasso sia dello stesso avviso... Perché di una cosa si è convinto in queste giornate di ansia e cioè che, se lasciasse trapelare i suoi convincime­nti, aiuterebbe una squadra ostacoland­o l’altra. Col rischio che l’accordo politico, nel quale molto confida, vada in pezzi ancor prima di essere siglato.

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