Senato, l’obiettivo è chiudere il 15 ottobre
Renzi: entro quel giorno si decide. Oggi l’incontro con i senatori dem. Boschi: il popolo del Pd è con noi
Ancora una settimana di trattative tra Renzi e la minoranza del Pd e poi i nodi della riforma del bicameralismo paritario arriveranno al pettine. Con il presidente del Consiglio che fa una previsione chirurgica sul calendario: «Entro il 15 ottobre si decide al Senato. E poi, dopo sei letture parlamentari (quattro ancora da condurre in porto, ndr), saranno gli italiani a decidere con un referendum si o no. E poi dicono che non è un processo democratico, alla faccia....». Ma sulla strada del premier si mette in agguato l’alleato del Nuovo centro destra che non obietta sulla tempistica ma ricorda a Renzi che se vuole i voti dei centristi bisogna cambiare l’Italicum: «La legge elettorale non deve essere considerata un tabù, auspichiamo che sia introdotto il premio di coalizione», avverte Maurizio Sacconi.
Renzi ostenta sicurezza da- vanti ai 28-30 dissidenti del suo partito che potrebbero gustargli al festa sul terreno del Senato elettivo. Oggi è previsto l’incontro con tutti i senatori dem ma Renzi dovrebbe presentarsi all’appuntamento a mani vuote, «pronto ad ascoltare ma anche ad andare avanti senza ricominciare dall’inizio».
In commissione Affari costituzionali sarà una giornata interlocutoria: la presidente Anna Finocchiaro (Pd) e il capogruppo Luigi Zanda hanno bisogno di tempo per trovare quella mediazione che tutti vogliono nel partito ma che nessuno sa, al momento, delineare nei dettagli. Domani e giovedì verranno ascoltati i governatori (Chiamparino, Rossì, De Luca, Toti, Maroni e il presidente del consiglio del Friuli-Venezia Giulia, Jacob) che entreranno nel merito di un aspetto dimenticato del testo Boschi: la divisione di competenze tra Stato e Regioni.
Per ora Renzi sorvola sul nodo dell’elezione diretta dei senatori e sposta i riflettori su altro: «Nella prima lettura di palazzo Madama, al Senato venivano lasciate competenze che alla Camera sono state tolte . Io sono favorevole a rimetterle ma questa volta i parlamentari li chiamiamo a un confronto all’americana per cui si decide insieme cosa si fa e si va avanti».Altro punto dell’offerta di Renzi potrebbe essere quello dell’inserimento d’ufficio dei governatori nel nuovo Senato che fin qui, invece, sarebbe composto da consiglieri regionali e da sindaci anche di piccolissimi comuni.
Però Vannino Chiti, uno dei 30 dissidenti, tiene il punto: «La previsione che i senatori sono eletti dai cittadini deve essere scolpita in Costituzione». Ecco, proprio quello che Renzi non vuole perché così non sarebbe più il Senato degli enti territoriali. «Il popolo del Pd, che è stanco di queste diatribe interne, sta dalla nostra parte», replica il ministro Maria Elena Boschi. Ma nel Pd c’è anche qualcosa di più profondo, ricorda il senatore a vita Giorgio Napolitano che ha commemorato, a un mese dalla scomparsa, Renato Zangheri: «Il Pd ha un suo nuovo Dna nel quale però c’è sia l’eredità del riformismo cattolico sia del Pci. Credo sia giusto tenere vive le tracce di quelle esperienze».
Napolitano e il Dna «Nel nuovo Dna del partito bisogna tenere vive le eredità di Pci e riformismo cattolico»