Oggi l’Europa può bocciare la nostra legge sulla prescrizione
Verrà ancora una volta dall’Europa lo sblocco di uno dei tanti nodi della giustizia italiana impantanati in anni di veti e contro-veti? Può accadere oggi sul tema della prescrizione se la Corte di Giustizia dell’Unione europea, nel rispondere a una questione pregiudiziale posta nel 2014 dal Tribunale di Cuneo in un processo per frode Iva, dovesse stabilire che la normativa italiana sulla prescrizione, accorciata nell’era Berlusconi dalla legge ex Cirielli del 2005, per motivi sistemici comporta raramente sanzioni «effettive, proporzionate e dissuasive», favorisce la non punibilità dei responsabili di frodi Iva, e come tale va disapplicata dai giudici nazionali in quanto «incompatibile con i precetti del diritto dell’Unione che obbligano gli Stati membri a dotarsi di sanzioni penali adeguate a tutelare dalle frodi gli interessi finanziari delle Comunità europea». In una serie di frodi «carosello» per evadere l’Iva nel commercio di champagne sfruttando norme attuative di direttive comunitarie, il Tribunale di Cuneo nel 2014 rileva che la legge italiana non ferma il decorso della prescrizione durante il processo ma consente solo di prolungarlo di appena un quarto, con ciò mandando al macero per definizione processi fiscali lunghi e complessi. Cuneo chiede alla Corte del Lussemburgo se questo tipo di normativa nazionale non finisca per favorire la concorrenza sleale ai danni di imprese estere, configurare quasi una forma vietata di aiuto di Stato, e aggiungere un’esenzione ulteriore rispetto a quelle previste dalle direttive Ue. E la risposta rischia di essere sì, dopo che in aprile l’Avvocato Generale della Corte, Juliane Kokott, ha proposto — seppure per profili in parte difformi da quelli di Cuneo — proprio questa conclusione.