E la Barra bacchettò il governo «L’Italia? Liberalizza troppo piano»
Botta e risposta tra la vicepresidente di Walgreens e il premier sui capitali privati nelle farmacie
Ornella Barra è, secondo Forbes, una delle 50 donne d’affari più influenti d’Europa. E’ socia e vice president del gruppo Walgreens Boots Alliance, il leader mondiale della vendita in farmacia di prodotti per la salute (oltre 13 mila punti vendita in 11 Paesi) ed è anche la compagna di vita di Stefano Pessina, principale azionista del gruppo. A Cernobbio, chez Ambrosetti, Barra durante il lungo botta e risposta di sabato scorso con Matteo Renzi ha fatto l’unico intervento critico, sostenendo che il cambiamento in Italia è troppo lento e non è vero che il Paese si stia aprendo agli investitori stranieri. Il premier ha ascoltato, preso appunti e poi ha replicato vivacemente - alla sua maniera - sostenendo che il ritmo delle riforme non sarebbe potuto essere più veloce. Ma al di là della risposta, l’unica contestazione incassata lo ha preoccupato non poco. Renzi, infatti, anche solo per un momento ha visto sfumare davanti ai suoi occhi un’operazione alla quale il governo tiene molto e che potrebbe valere, spalmata su più anni, fino a un miliardo di investimenti del gruppo Walgreens nelle farmacie italiane.
I contatti tra Pessina e il viceministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda vanno avanti da tempo con l’attenzione rivolta alle nuove norme in materia di liberalizzazione del business dei farmaci, che la Ue ci chiede e che dovrebbero essere approvate nella legge per la concorrenza. Il testo del governo, che Bruxelles vorrebbe veder varato entro fine anno (anche come «contropartita» di eventuali concessioni sulla flessibilità), introduce per le farmacie due nuove misure: la prima apre la strada alla titolarità anche per le società di capitali, la seconda abolisce il tetto massimo di 4 farmacie controllate da un singolo soggetto titolare. Se andassero in vigore queste norme il gruppo che fa capo a Pessina sarebbe seriamente intenzionato a sbarcare in Italia investendo una somma consistente. Ma non è affatto detto che il governo riesca a condurre in porto la deregulation. Sono stati infatti depositati in Parlamento numerosi emendamenti che cercano di ostacolarla. Sostanzialmente sono di due tipi, uno prevede clausole di incompatibilità piuttosto stringenti e l’altro introdurrebbe ferrei vincoli all’intervento di società di capitali. A presentarli sono stati parlamentari di più partiti, da Forza Italia al Ncd, dai Cinquestelle addirittura a esponenti del Pd. Il testo attualmente all’esame delle commissioni Attività Produttive e Finanza della Camera, successivamente dovrebbe approdare in aula a Montecitorio e poi a palazzo Madama. In materia di cessione di farmacie a società di capitali esiste il precedente milanese: nel 2000 la giunta Albertini assegnò a una multinazionale tedesca (Admenta) la gestione degli 84 punti vendita del Comune. Il Tar accolse un ricorso della Federfarma e successivamente intervennero in direzione analoga Corte Costituzionale, Consiglio di Stato e Corte di Giustizia Europa mentre la Ue appoggiò la decisione di Albertini. Solo grazie a una sanatoria ad hoc per Milano l’Admenta è rimasta proprietaria delle farmacie.