Pamuk al Lido: un viaggio tra arte e letteratura
VENEZIA «Un museo reale che è una finzione in cui poter fare esperienza diretta del rapporto ambiguo e ambivalente tra realtà e immaginazione». Metti uno scrittore premio Nobel a un festival del cinema e il risultato è ritrovarsi a riflettere sul senso della vita. Orhan Pamuk è a Venezia per accompagnare Innocence of memories, il documentario di Grant Gee in programma alle Giornate degli autori. Un viaggio spiazzante che ci porta dentro un luogo unico al mondo: quello che lo scrittore ha ideato parallelamente alla nascita del romanzo Il museo dell’innocenza («Avrei voluto inaugurarlo lo stesso giorno dell’uscita del libro, che doveva apparire come una sorta di catalogo. Per diversi l’ho aperto quattro anni dopo»). E poi ci trascina per le strade di Istanbul, la città di cui Pamuk è diventato, involontariamente, il simbolo. «È il mio destino, ha formato il mio carattere, fatto di me quello che sono: ci vivo da quando sono nato. Ma non l’ho mai idealizzata». A farci da guida in questo corto circuito tra reale e immaginario, tra passato e presente («La letteratura mi ha insegnato che sono due tempi simultanei»), è un’amica della protagonista Fusün che per amore di Kemal sfida la morale claustrofobica della Turchia degli anni 70. Riscopre, a distanza di anni, il loro amore tragico attraverso gli oggetti delle sale di Çukurcuma Caddesi: foto, ciocche di capelli, vestiti. E fa i conti con i cambiamenti della Turchia. Pamuk ricorda il suo Manifesto politico a difesa dei piccoli musei. «Un modo per restituire umanità e dignità agli individui invece che celebrare le istituzioni».