Corriere della Sera

Il seme della Svizzera? A Faenza

- di Antonio Carioti @A_Carioti

L’imperatore Federico II di Svevia aveva di che preoccupar­si, nel dicembre 1240. Il suo possente esercito, comprenden­te un gran numero di guerrieri mercenari svizzeri, aveva sbaragliat­o la Lega lombarda tre anni prima a Cortenuova e nei mesi precedenti aveva sconfitto le forze guelfe in tutta la Romagna. Ma Faenza continuava a resistergl­i e a sfidarlo da mesi.

Faceva un gran freddo, le truppe erano stanche e affamate, al sovrano mancavano i quattrini per pagarle. Fu allora, come racconta il libro del cultore di storia romagnola Alteo Dolcini (1923-1999) La Svizzera è nata in Romagna (Stefano Casanova Editore), che avvenne un fatto destinato ad avere ripercussi­oni di lungo periodo. Una delegazion­e di tre cantoni elvetici (Uri, Schwyz e Unterwalde­n) si recò da Federico II e intavolò un negoziato importante: i loro soldati sarebbero rimasti a combattere sotto le mura di Faenza purché l’imperatore assumesse il dominio diretto di quelle terre, sottraendo­le alla gravosa dipendenza dai conti d’Asburgo.

Federico II accettò la proposta, sottoscriv­endo quella che è passata alla storia come «lettera di Faenza», un documento considerat­o la premessa del successivo patto confederal­e fra quegli stessi tre cantoni, datato 1291, da cui nacque il primo nucleo della Svizzera indipenden­te. Faenza ne fece le spese e fu costretta ad arrendersi nell’aprile 1241, ma il seme di una nuova importante realtà politica e civile era stato gettato nel cuore d’Europa.

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