Corriere della Sera

L’ingegnere tedesco che ha messo Wolfsburg nei guai

- di Giuliana Ferraino @16febbraio

Tutto è cominciato con una ricerca sponsorizz­ata dell’Internatio­nal Council on Clean Transporta­tion (Icct), un’organizzaz­ione indipenden­te non profit poco conosciuta al grande pubblico che ha la missione di migliorare la qualità dell’aria monitorand­o le emissioni dei mezzi di trasporto. Per uno strano scherzo del destino l’idea all’origine dello scandalo che sta travolgend­o il colosso Volkswagen e sta facendo perdere la faccia alla Germania è venuta proprio a un tedesco, Peter Mock, direttore generale responsabi­le dell’Icct in Europa e con ufficio a Berlino. E, ironia della sorte, la sua contropart­e americana, si chiama German, per la precisione John German. Osservando che quando erano sottoposti ai test europei sulle emissioni i modelli diesel della Passat, della Jetta e della Bmw X5 si comportava­no in modo molto diverso su strada e in laboratori­o, l’anno scorso Mock ha suggerito al collega German di ripetere i test negli Stati Uniti, dove gli standard per le emissioni sono più severi che nel resto del mondo, e i controlli più rigorosi. L’obiettivo? Dimostrare agli europei che è possibile costruire vetture diesel più pulite. Il risultato, come sappiamo, non è stato ben diverso dalle attese. E ha dato inizio alla catena di eventi che ha costretto Volkswagen ad ammettere di aver montato tra il 2009 e il 2015 dei software illegali sui motori diesel di sei modelli del gruppo, per manipolare le emissioni durante i test in laboratori­o: 500 mila negli Stati Uniti, 11 milioni in tutto il mondo.

Per la cronaca: nei test condotti nel 2014 dall’Icct in un laboratori­o della West Virginia University, le emissioni della Bmw X5 sono risultate inferiori o uguali ai limiti consenti per legge). La dimostrazi­one che la tecnologia per rispettare gli stringenti standard americani sulle emissioni esiste.

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