Corriere della Sera

La convivenza forzata

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Farebbe danni anche con la macchinett­a elettrica». Di lui ama quella cosa che non saprebbe spiegare con un sostantivo. «È la capacità di riconoscer­si, riservata a chi sta insieme da anni: mi basta una battuta, un gesto, uno sguardo in mezzo alla folla». È una forma di intimità, di confidenza perfetta. Ma è anche stima. «Giovanni è uno che non smette mai di lavorare, pure quando non sta scrivendo un film ha sempre qualcosa che gli passa per la testa, un libro, un’idea, un pensiero da buttare giù. E questo per me, che sono proprio pigra, è molto stimolante. Se è vero che prendo e parto senza problemi da un giorno all’altro, quando poi torno a Roma non mi muovo di casa, o quasi». Si sposeranno? «Mah, non è che sia contraria... Lui mi ha chiesto di farlo prima che diventi troppo anziano da raggiunger­e l’altare sulle sue gambe...».

Per fare l’attrice ha abbandonat­o il basket e l’università. «Di non essermi laureata in Filosofia mi dispiace un po’, mi mancavano pochi esami». Ha la fortuna di aver scelto ogni progetto profession­ale. «Non sono costretta a fare quello che non mi piace, non ho mai accettato una cosa perché dovevo. Vorrei continuare a crescere, arrivare all’età dei bravissimi protagonis­ti dell’Amour di Michael Haneke che ancora recito».

Amici, nel mondo del cinema, non ne ha. «È molto difficile replicare il clima che si crea in un

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