Il rilancio di Putin, l’incontro con Obama
Partito il conto alla rovescia per i Mondiali di calcio del 2018: stesso anno delle presidenziali Per far dimenticare la crisi economica, il leader del Cremlino scommette sulla politica estera
Lemosse ambiziose sulla Siria, la pressione sugli Usa per definire una strategia militare anti-Isis, l’attesa creata sul discorso di domani all’Onu e il vertice con Obama dopo quasi due anni di emarginazione: Mosca pare tornata protagonista nel Grande Gioco.
Mancano mille giorni ai campionati mondiali di calcio in Russia, i primi nella sua storia. E dalla scorsa settimana un variopinto orologio scandisce sulla Piazza Rossa il countdown verso l’evento globale più importante dall’Olimpiade del 1980. Ma in un Paese anche troppo attento alle simbologie, quel conto alla rovescia digitale, piazzato proprio sotto le mura del Cremlino, contiene anche un’altra suggestione, che travalica la saga sportiva: mille giorni o poco meno mancano infatti alle elezioni presidenziali, che nel 2018 vedranno Vladimir Putin di nuovo in campo per cercare la sua quarta incoronazione.
È una partita sulla carta senza storia. La popolarità di Vladimir Vladimirovich rimane alle stelle. Forse qualche punto sotto i momenti di gloria, innescati dal sussulto di nazionalismo patriottico prodotto dalla vicenda ucraina, che ora appare congelata e priva di sbocchi immediati. Ma pur sempre con indici di gradimento intorno all’80%. Quello che il politologo Stanislav Belkovski definisce il «rito monarchico» che lo protegge e lo immunizza, sembra funzionare alla perfezione: «È un teorema del potere fondato su tre assunti: la mancanza di alternativa al monarca; il suo essere al di sopra della legge che lo rende forte agli occhi del popolo; la sua intoccabilità, nel senso che qualunque cosa accada non ne deve rispondere e tutto ciò che non funziona nel Paese va addebitato al governo non al sovrano, il quale è buono per definizione».
Eppure, nei poco più di due anni che lo separano dal nuovo appuntamento col destino, molte insidie e rischi si annidano sul percorso dello Zar. Come risponderà Putin alla crisi economica più grave da quando è al potere, che secondo tutte le previsioni sta per entrare nella sua fase più acuta e dolorosa per la popolazione?
Mentre continua il calo dei prezzi dell’energia, diminuisce la produzione di petrolio e gas, così come delle entrate derivanti dalla loro vendita. Le casse federali, usate con generosità per cementare il consenso nei primi 15 anni, si scoprono più povere. I tagli alla spesa sociale passano quasi sotto silenzio nell’informazione ufficiale, ma il bilancio di previsione presentato in luglio dal ministero delle Finanze blocca l’indicizzazione automatica delle pensioni, talismano di una delle categorie più fedeli e affezionate allo Zar. Scendono le riserve d’oro e di valuta, passate dai 600 miliardi di dollari del 2008 ai 360 attuali. La crescita negativa dell’economia viaggia intorno al 4%, mentre i redditi reali sono diminuiti del 9,2%, con un salario medio mensile che, tenuto conto della svalutazione del rublo, è passato da 1.200 dollari nel 2013 a 500 attuali. Detto altrimenti, altri 20 milioni di russi saranno sotto la soglia di povertà alla fine del 2015. Putin ha chiesto due anni per affrontare e risolvere la crisi. Ma non c’è dubbio che il terreno sul quale sarà costretto a muoversi si presenta molto più accidentato di ogni più pessimistica A Mosca La cerimonia di inaugurazione dell’orologio per il countdown verso i Mondiali del 2018: 1.000 giorni dal 18 settembre (Epa) previsione. Farà le riforme? Lancerà una radicale battaglia contro la corruzione endemica, che affligge il Paese e divora ricchezza? Potrà ancora contare sulla leggendaria capacità di sopportazione dei russi?
«Putin — secondo Belkovski — non è psicologicamente in grado di varare riforme radicali nell’economia. Ha avuto 15 anni per farlo. È un conservatore. Ha paura del caos. Pensa che la stabilità sia tutto. Ma non penso che i problemi economici possano minare il suo sistema. Fin quando il rito monarchico verrà rispettato, lui è al sicuro. Io non credo al sillogismo crolla il prezzo del petrolio, crolla il sistema».
Per l’economista Nikita Kricevskij, «Putin di fronte alla crisi oscilla tra due tendenze. Intuitivamente pensa che la strada di ogni riforma passi sempre per lo Stato e la verticale del potere, dove tutto discende dal Cremlino. Ma dall’altra parte subisce la pressione dei suoi consiglieri pseudo-liberali, come l’ex ministro delle Finanze Kudrin, che addirittura vorrebbe spingerlo a elezioni anticipate e all’annuncio di un nuovo programma di riforme. Quelle proposte da Kudrin e dal suo gruppo sono però mezze misure, che non avrebbero grandi effetti».
Certo non potrà essere l’economia, il benessere in cambio del consenso senza condizioni e interferenze, il nuovo patto che Putin potrà offrire ai russi. In un ideale panem et circenses, dove i mondiali di calcio soddisfano
Il politologo Belkovski Putin è protetto dal rito monarchico che lo mette al di sopra della legge e lo rende intoccabile
la seconda parte dell’assunto, la prima, cioè la promessa di agiatezza come nei primi 15 anni al potere, avrebbe pochi riscontri con la realtà. E se il problema è la «trappola della visione», cioè la mancanza di un progetto strategico, nella quale sembrano dibattersi i boiardi del Cremlino, non è difficile immaginare che saranno il patriottismo, l’orgoglio nazionale e il ruolo di nuovo globale della Russia, il contratto che lo Zar offrirà ai sudditi per la sua quarta investitura. Anche perché, spiega Belkovski, «la politica estera è la cosa di cui più gli piace occuparsi».
Le mosse ambiziose sulla Siria, il build-up militare a sostegno di Assad, la pressione sugli Stati Uniti per definire una strategia militare anti-Isis, l’attesa creata intorno al discorso di domani all’Onu e il vertice con Obama dopo quasi due anni di emarginazione, fanno parte di questa narrativa in fieri, che vuole Mosca tornata protagonista nel Grande Gioco, in Medio Oriente e altrove.
Riuscirà Vladimir Putin? Probabilmente sì. Ma l’imprevedibilità degli scenari internazionali, a partire dal terrorismo islamico che potrebbe cominciare a colpire nel cortile di casa della Federazione russa, rende rischiosa la sua scommessa. Mentre l’Ucraina, che oggi appare ai margini della conversazione, potrebbe tornare a esplodere, spingendo nuovamente lo Zar nell’isolamento in cui ha vagato nell’ultimo anno.