Senato, i due fronti di Grasso
Emendamenti tagliati: Lega in rivolta, Pd scontento. Si apre il caso Tv pubblica
Taglio netto. Grasso riduce i 72 milioni di emendamenti posti da Calderoli sulla riforma del Senato, ma il governo non si fida temendo «trappole» e «imboscate» sui voti segreti potenzialmente prevedibili già per oggi sull’articolo 1 (funzioni del Senato). Critiche del Pd: le 383 mila proposte di modifica restanti sono ancora troppe. Protesta la Lega. Il voto finale sul disegno di legge Boschi è fissato al 13 ottobre. La maggioranza teme un incidente di percorso, mentre il premier Matteo Renzi è sicuro: «Nessun ostruzionismo ci fermerà. Se Berlusconi vota le riforme sono felice ma non cambia nulla». Si inasprisce intanto il caso Rai.
ROMA Il presidente del Senato Pietro Grasso scardina l’algoritmo creato dal leghista Roberto Calderoli, che aveva prodotto 75 milioni di emendamenti alla riforma del bicameralismo paritario, ma il governo non si fida temendo « trappole » e «imboscate» sui voti segreti potenzialmente prevedibili già per questo pomeriggio sull’articolo 1 (funzioni del Senato).
Anche a costo di utilizzare la «ghigliottina», il voto finale sul disegno di legge Boschi rimane fissato per il 13 ottobre per lasciare spazio, il 14, alle unioni civili che però ancora non sono state calendarizzate. Da quelle date non si scappa. Ma un incidente di percorso sui voti segreti sull’articolo 1 della riforma costituzionale potrebbe rovinare i piani della maggioranza che intende riconsegnare alla Camera, per la seconda lettura, un testo appena ritoccato. Il premier Matteo Renzi dice di non essere preoccupato: «Nessun ostruzionismo ci fermerà. Se Berlusconi vota le riforme sono felice ma non cambia nulla...». Invece il leader della Lega Matteo Salvini prima sconfessa l’ostruzionismo della sua Lega («Calderoli ha fatto tutto da solo») e poi dice che «Grasso dovrebbe vergognarsi».
La maggioranza, che pure plaude davanti alle cesoie anti ostruzionistiche di Grasso, non teme tanto i 383.500 emendamenti rimasti in ballo — giudicati «non irricevibili» ma non ancora ammessi in aula — quanto la scansione delle votazioni: se infatti si mettesse in votazione prima l’articolo 10 (procedimento legislativo), sul quale insistono quasi 300 mila emendamenti, a seguire potrebbero saltare, perché preclusi, i pochi emendamenti all’articolo 1 (funzioni del Senato) utilizzabili (da Sel, Gal, FI e Lega) per procedere a votazioni segrete: che, d’altronde, erano state ammesse da Grasso in prima lettura (estate 2014) sugli articoli della Costituzione riguardanti i diritti della famiglia (29), i doveri dei genitori di mantenere e istruire i figli (30), la tutela della salute (32) e le minoranze linguistiche.
La decisione di Grasso agisce su due leve: da un lato cancella l’ «abnorme numero» di proposte di modifica della legge perché «non compatibili con il calendario» ancorato alla votazione finale del 13 ottobre. Dall’altro, non elimina la possibilità di ricorrere (servono 20 senatori) a votazioni segrete. E non tutela la maggioranza da eventuali sorprese sulla norma transitoria (articolo 38) che presto entrerà nella leggenda come è successo per l’articolo 2 (elezione e composizione del Senato) oggetto di una furibonda contesa, poi risolta, tra renziani e minoranza del Pd.
Presumibilmente, si inizia a votare oggi alle 15 sull’articolo 1 e a seguire sul 2. Su questi due articoli, a breve, Grasso si pronuncerà sull’ammissibilità dei 1.200 emendamenti che entreranno nel fascicolo. Il governo, come spiega il sottosegretario Luciano Pizzetti ( Riforme), avrebbe preferito che Grasso non usasse il contagocce: «È meglio avere un quadro complessivo sull’ammissibilità degli emendamenti di tutti gli articoli». «Troppo poco tempo, working in progress...», replicano dagli uffici di Grasso. Il presidente del Senato ha chiesto a Calderoli di riflettere sui 380 mila emendamenti. Lui, bergamasco, cita in aula la battutaccia del marchese del Grillo tramandata da un indimenticabile Alberto Sordi: «Io so’ io e voi nun siete un c...».
La scelta La decisione di Palazzo Madama potrebbe esporre la maggioranza a blitz in Aula