Denti perfetti e cibo sano La Tac ai pompeiani
Lo studio Indagini sui calchi delle vittime dell’eruzione del 79 d.C.
Il passato si avvicina a noi attraverso la scienza e la tecnologia. Ricostruite con la Tac e restaurate le arcate dentarie di 16 calchi pompeiani (nella foto, le analisi). Uomini, donne, un bambino. Dentature perfette: stile di vita e salute erano migliori dell’immaginabile. Spiegate anche le cause di morte di chi perì sotto la lava del Vesuvio nel 79 dopo Cristo.
Inuovi strumenti scientifici svelano i segreti del passato, rendendolo sempre più prossimo a noi. Una Tac modello MX16 dal tubo radiogeno da 5.0 MHU (macchina da 16 strati prestata da Philips spa Healthcare) ha ricostruito, con il lavoro del radiologo Giovanni Babino e dell’odontoiatra Elisa Vanacore, le arcate dentarie di sedici calchi pompeiani tra uomini, donne e un bambino restaurati ad agosto. Tutte dentature perfette, senza grandi carie o altre patologie. Lo stile di vita dei tempi era migliore della nostra immaginazione, e così la salute media diffusa tra la popolazione. Quindi una dieta povera di zuccheri ma ricca di verdure, frutta, cereali. Una curiosità: i denti appaiono in parte consumati perché ai tempi si tagliavano o si spezzavano oggetti con le mandibole.
I volumi tridimensionali ottenuti dalla Tac hanno spiegato la causa della morte di chi lasciò la propria impronta sotto la lava dell’eruzione del Vesuvio nel 79 dopo Cristo: tutti hanno le ossa del cranio fratturate. Facile immaginare la scena: gli edifici cedono, i pompeiani sono feriti a morte dai calcinacci o da pezzi di mura o di soffitto.
L’assenza di carie è soltanto il primo capitolo — il più evidente — di una storia tutta nuova. Il progetto è stato voluto dalla Sovrintendenza speciale di Pompei, retta da Massimo Osanna che ieri ha ricordato lo straordinario ruolo storico che ebbe nel 1863 l’archeologo Giuseppe Fiorelli, direttore degli Scavi con l’Unità d’Italia: colare gesso liquido nei «vuoti» lasciati dai morti di Pompei sotto la cenere. Facendo così la fortuna mediatica internazionale di Pompei già dalla fine dell’Ottocento.
Secondo la spiegazione di Osanna «Fiorelli inventa questa tecnica per recuperare le forme del corpo; lui li chiama “rapiti alla morte” perché grazie a quei resti si riusciva a ricostruire il momento del decesso. Tutto questo lavoro viene fatto con grande rispetto, non spettacolarizzando la morte. È un lavoro scientifico che ci permette di compiere un grande salto in avanti nella conoscenza dell’antichità. Vengono fuori dati straordinari sull’età, il sesso, le abitudini alimentari, lo status sociale». È stata rintracciata persino la piccola fibbia sull’abito del bambino. Forse era d’oro.
Altro particolare: sono già visibili i danni alle ossa dovuti all’eccessiva presenza di fluoro nell’acqua usata a Pompei. La Tac multistrato ha anche acquisito i dati di due animali, un cane e un cinghiale. Verranno studiati anche loro.
Il progetto voluto da Osanna, dunque, cerca di ricostruire quanto più possibile la vita quotidiana a Pompei coinvolgendo archeologi, antropologi, radiologi, odontoiatri e ingegneri.
C’è da scommettere che lo studio aumenterà la già grande curiosità che c’è nel mondo per gli scavi e magari farà accrescere i flussi turistici. Naturalmente, assemblee sindacali permettendo.