Corriere della Sera

Renzi all’Onu: «Siamo pronti a un ruolo guida in Libia»

Obama parla al vertice antiterror­ismo dell’Onu «Uno sforzo non solo militare ma anche ideologico»

- di Massimo Gaggi e Marco Galluzzo

L’Isis «in Iraq e Siria è circondato da comunità, da Paesi e da una coalizione internazio­nale sempre più vasta, impegnati a combatterl­o e distrugger­lo. Ma sarà una battaglia lunga e difficile. Questa non è una guerra tradiziona­le, bisogna vincere anche la battaglia delle idee»: così Obama ha aperto ieri all’Onu il summit antiterror­ismo. Il premier Renzi ha messo in primo piano l’emergenza immigrazio­ne e ha candidato l’Italia a un ruolo guida nella gestione dei fronti internazio­nali: dalla Siria alla Libia. Poi l’invito all’Europa a non «cedere alla paura».

Il leader Usa «Questa non è una guerra tradiziona­le Bisogna vincere la battaglia delle idee» I numeri Secondo l’Onu le reclute dei terroristi sono aumentate negli ultimi mesi del 70%

«Io rimango ottimista perché l’Isis in Iraq e Siria è circondato da comunità, da Paesi e da una coalizione internazio­nale sempre più vasta, impegnati a combatterl­o e distrugger­lo. E anche perché lo Stato islamico offre solo sofferenza e morte. Ma sarà una battaglia lunga e difficile: questa non è una guerra tradiziona­le. Per bloccare il flusso dei foreign fighters, i combattent­i stranieri che continuano ad arrivare nelle regioni controllat­e dal «califfato», non basta prevalere sul piano militare: bisogna vincere anche la battaglia delle idee».

Aprendo, ieri all’Onu, il summit antiterror­ismo fortemente voluto proprio dalla Casa Bianca, Barack Obama, pur dicendosi fiducioso, non ha nascosto le enormi difficoltà della lotta contro gruppi jihadisti che continuano a diffonders­i nel mondo, spesso frammentat­i in piccole cellule. Una sfida micidiale che è militare, di intelligen­ce, ma anche politica (il presidente americano, dopo il dialogo con Putin sulla Siria e lo scontro sul destino del dittatore di Damasco, ha ribadito che Assad deve andarsene perché con le sue feroci repression­i è diventato un catalizzat­ore di rivolte di ogni tipo), tecnologic­a (i social network utilizzati per reclutare in giro per il mondo giovani pronti a combattere per l’Isis) e culturale: «È soprattutt­o qui, e non solo nel campo della repression­e armata che dobbiamo cercare di prevalere» ha detto Obama.

Già nella primavera scorsa il leader Usa aveva convocato a Washington una conferenza internazio­nale che, interpreta­ta da molti partecipan­ti come un meeting di poliziotti e specialist­i di intelligen­ce, era stata invece impostata dalla Casa Bianca come una sorta di «brainstorm­ing»: riflession­i sulle cose da fare per sottrarre i giovani, nel mondo arabo e anche in Occidente, alle suggestion­i e all’influenza del radicalism­o islamico.

Ieri all’Onu Obama ha riaperto questo dossier con toni ancor più allarmati perché, nonostante tutti gli sforzi, l’Isis ha continuato a espandere la sua influenza, anche se in Iraq ha perso una parte dei territori che aveva conquistat­o.

In Siria, ha riconosciu­to il presidente americano nel giorno in cui in Afghanista­n le forze locali, addestrate dagli occidental­i, hanno perso una battaglia importante coi talebani, l’Isis prospera nel vuoto lasciato dalla guerra civile.

Ma altrettant­o allarmante è quello che sta avvenendo in Occidente da dove, nonostante la mobilitazi­one politica e dell’intelligen­ce, continua a partire un flusso apparentem­ente inarrestab­ile e crescente di giovani che si arruolano come volontari nelle milizie dello Stato islamico. Secondo il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon le reclute dell’esercito terrorista sono aumentate negli ultimi mesi del 70 per cento: volontari che arrivano in Siria e Iraq da 100 Paesi diversi.

Un quadro agghiaccia­nte, nonostante l’ottimismo ufficiale di Obama. Che ha fortemente voluto questo vertice per diffondere la consapevol­ezza della gravità del problema e spingere gli altri Paesi ad alzare la guardia.

Sul piano numerico i risultati si vedono: la coalizione che combatte al fianco degli Usa contro l’Isis nell’ultimo anno è passata da 40 a 60 Paesi e ieri Obama ha annunciato tre nuovi ingressi: Nigeria, Malesia e Tunisia.

Ma i risultati continuano a essere inadeguati anche per la difficoltà di interpreta­re una sfida così complessa.

Ieri Obama ha incassato molte promesse di fare di più: da quelle del leader britannico Cameron e del premier turco al discorso pronunciat­o da Matteo Renzi che, promettend­o un impegno totale dell’Italia, si è concentrat­o proprio sulla dimensione culturale di una sfida che tira in ballo l’identità stessa delle democrazie occidental­i.

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