Quegli scambi tra gli 007 e il canale di cooperazione tra russi e americani in Siria
Vladimir Putin ha ipotizzato raid insieme agli Stati Uniti. I suoi ufficiali hanno invitato quelli americani a partecipare alle riunioni del centro di coordinamento aperto da pochi giorni a Bagdad con siriani, iraniani e iracheni. Scontato il no statunitense davanti ad un’iniziativa che li ha colti di sorpresa.
Mosse e contromosse, condite con la propaganda, in una coabitazione difficile. Perché sono molti gli ostacoli sulla strada di un patto d’azione in Medio Oriente. E non soltanto per la perenne rivalità.
Intanto Mosca e Washington non sono d’accordo sul nemico da abbattere. Per i russi l’avversario è rappresentato dall’intera opposizione al regime di Assad e l’Isis. Per gli americani lo Stato Islamico e qualche nucleo qaedista vicino ai ribelli di al Nusra.
Diversi anche i partner. Il Cremlino ne ha uno storico — la Siria — e uno temporaneo, l’Iran. Il Pentagono deve fare i conti con una miriade di alleati, ognuno con le proprie idee — opposte a quelle di Putin — e le sue regole.
Per evitare di spararsi addosso in cieli super affollati, i russi hanno chiesto l’istituzione di un meccanismo di coordinamento con gli Usa e, separatamente, con Israele. Questo snodo potrà fare da piattaforma, in futuro, a missioni comuni? In teoria sì. Magari con una distribuzione dei target. Voi colpite l’Isis a Deir ez Zour e noi a Raqqa. Qualcosa è già avvenuto con le forze siriane. Spesso le incursioni della coalizione sono avvenute in parallelo con quelle del regime. E, in quest’ultimo anno, non è mai stata segnalata una frizione, anche se potranno esserci state. Una coesistenza forzata tra paletti, corridoi e spazi.
Nei mesi scorsi è stato sostenuto che certe informazioni siano passate lungo l’asse Washington-Mosca-Damasco. Dettagli su possibili obiettivi per le incursioni aeree, dati ricavati dai satelliti spia e dai ricognitori che monitorano un teatro bellico immenso. E di recente si è parlato di contatti tra i servizi delle due potenze nell’ambito della lotta allo Stato Islamico. L’Fsb e il Gru possono raccontare molto sul flusso di volontari caucasici, tra i migliori agli ordini del Califfo al Baghdadi. L’ultima stima parla di 1700-2000 militanti. La Cia ha una capacità di rastrellare notizie su un fronte molto più ampio. alla rimozione delle armi chimiche siriane nel 2013. La prova di un compromesso pragmatico che ha tolto gli statunitensi da una situazione imbarazzante.
Restando sul terreno delle ipotesi è possibile un condivisione dell’intelligence sulle attività del Califfato in determinate zone. Appare invece lontana l’idea di interazione tra i caccia impegnati nei blitz. Anche se è vero che il conflitto in Siria è la sintesi delle contraddizioni. Per stare in tema: droni e F18 statunitensi sostengono l’avanzata dei curdi siriani dell’YPG mentre, nelle stesso ore, F16 e Phantom turchi martellano le posizioni dei curdi del PKK che dei primi sono parenti strettissimi.
Non sono pochi gli osservatori che, pur consapevoli del clima di ostilità, sono convinti che non vi siano alternative. Una collaborazione limitata è l’inizio di un processo che deve portare ad una soluzione politica in Siria. L’alternativa è una trappola infinita dove tutti hanno da perdere.
Ostacoli Sono molti gli ostacoli sulla strada di un patto d’azione in Medio Oriente