«Ma l’America ora resta paralizzata E l’intervento a terra è impensabile»
«Putin sta cercando di proteggere uno dei pochi alleati che gli sono rimasti. Mosca ha due sole basi militari fuori dai suoi confini: in Vietnam e Siria. Sono il simbolo residuo della Russia potenza mondiale. La prima ragione del build-up militare è che Assad è nei guai, il suo esercito indietreggia di fronte all’Isis. Putin cerca di rafforzarlo. Certo così facendo occupa un vuoto strategico. Ha un chiaro alleato e un chiaro nemico: è per Assad e contro l’Isis. Il problema per gli Usa è che sono contro tutti e due; posizione limpida sul piano morale, incoerente su quello strategico. Non si può essere contro entrambi i fronti di una guerra civile. Non dico che dobbiamo appoggiare Assad, ma è chiaro che siamo paralizzati». Fareed Zakaria si fa poche illusioni. Massimo esperto di politica internazionale della Cnn, guru di Barack Obama nella storica campagna del 2008, lo studioso di origine indiana si dice «molto pessimista» sulla soluzione della crisi siriana.
Alla luce delle visioni opposte espresse da Obama e Putin, c’è spazio per un’azione congiunta contro l’Isis?
«Penso di sì. Non saremo in grado di sconfiggere Isis senza la cooperazione di Russia e Iran. Occorre un accordo politico, con concessioni da tutte le parti, per dar vita a una coalizione vincente. La cosa più importante degli ultimi giorni è la risposta del premier turco Erdogan alla domanda se può immaginarsi un futuro politico della Siria con Assad. Ha detto sì, lui che è stato il primo nemico di Bashar nella regione, segno che c’è spazio per una transizione gestita, come dice Barack Obama».
Gli stivali sul terreno chi li mette? Si può sconfiggere Isis senza intervento a terra?
«Diciamoci la verità: un robusto intervento con aviazione e forze speciali potrebbe efficacemente ridurre Isis ai minimi termini. Il problema viene dopo: chi governerà il territorio conquistato? Da Iraq e Afghanistan sappiamo che queste forze possono essere sconfitte dall’aria, ma dopo se non occupi il terreno ritornano. È quello che nessun Paese occidentale può e vuole fare. Ecco perché si tratta di costruire in Siria una legittimità politica interna, in grado di governare il dopo».
Secondo questa logica, ha ragione Putin: non c’è alternativa ad Assad.
«Una possibilità sarebbe l’intervento di una forza araba. Ma anche su questo ho i miei dubbi. Il problema siriano è complicato. Penso alla guerra civile libanese durata 13 anni: un caso simile, un regime di minoranza osteggiato da una maggioranza. Ho paura che questa guerra civile sia destinata a continuare».
Lei ha intervistato Matteo Renzi e gli ha chiesto se si considera il nuovo Bill Clinton o Tony Blair. Trova similarità tra il premier italiano e queste due icone mondiali della sinistra progressista?
«Di Renzi mi hanno colpito alcune cose. Come Clinton e Blair è un politico naturale, molto carismatico, pieno di energia che riesce a trasmettere nei suoi interlocutori».
Sul piano delle idee colloca Renzi nel solco della cosiddetta Terza Via di Blair?
«Direi di sì, è un socialdemocratico progressista favorevole alla crescita. Però il punto non sono tanto le idee della Terza Via, quanto la loro traduzione pratica, la capacità di riformare un sistema nonostante le resistenze di gruppi di interesse e lobby. Blair riuscì a farlo grazie a un sistema che gli consentiva forte stabilità».
Ma quelle idee non sono più molto popolari nella sinistra europea, come dimostra l’elezione di Jeremy Corbyn al vertice del Labour Party.
«Penso che l’ascesa di Corbyn sia dovuta al fatto che i tories, ma non solo loro, si stanno spostando al centro. Ecco perché il Labour cerca spazio ancora più a sinistra. È un fenomeno che non esiste in Italia, dove Renzi ha catturato il centro e affronta le preoccupazioni dell’opinione pubblica tenendosi fermo su quel terreno».
Alleanze Non saremo in grado di sconfiggere i terroristi senza la cooperazione di Russia e Iran