Corriere della Sera

Fuori dalla classe per la foto in Rete La famiglia: discrimina­to perché gay

Monza, il caso in una scuola cattolica. Il preside: scatti hard, così lo abbiamo tutelato

- Federico Berni Gianni Santucci

Stringe in mano un foglio a quadretti. Qualche riga di appunti: «Scrivere 5 pagine sulla parola “genere”», e ancora: «Scrivere 3 pagine sul concetto di omosessual­ità». Il foglio è servito come promemoria per presentare la denuncia ai carabinier­i di Monza. «Quei due “temi” — racconta la donna — sono stati fatti fare a mio figlio lo scorso anno, dopo che lui aveva detto a scuola di essere gay». La decisione di rivolgersi ai militari però è arrivata tra mercoledì e giovedì scorso, quando il ragazzo, 16 anni, studente di un istituto cattolico di formazione profession­ale, è stato tenuto per un paio di mattinate in corridoio, mentre i suoi compagni continuava­no le lezioni in aula. È una storia complicata, che ruota intorno a una fotografia, alla difficoltà che hanno i ragazzi nel tutelare la propria privacy sui social network, a quel confine (oggi complesso da identifica­re) tra una discrimina­zione e la goffa gestione di certi momenti in una classe.

I fatti si possono ricostruir­e così (necessaria­mente bisogna dare conto delle due versioni): mercoledì mattina una ragazza si avvicina a un’insegnante e le mostra una foto che il suo compagno ha postato su Instagram. La scuola sostiene: «L’immagine era molto esplicita». La famiglia ribatte: «Stava solo “mimando” un atto sessuale con un suo fidanzato. E quella foto risale all’estate scorsa, è stata rimossa quasi subito » . Che motivo ha avuto quella ragazza di mostrarla a una professore­ssa? Impossibil­e saperlo. Il preside però ricostruis­ce: «Quello scatto è iniziato a circolare, nella classe si è creata una certa tensione, l’unico nostro obiettivo è stato quello di tutelare il ragazzo». Lo studente è già seguito dai servizi sociali, in passato ha avuto qualche disagio. La scuola prova a chiamare gli assistenti sociali e i genitori («Una sola chiamata — sostiene la madre — ero a un colloquio di lavoro e non sono riuscita a rispondere subito»).

Qualche docente, ieri pomeriggio, spiegava che il comportame­nto della scuola sarebbe stato lo stesso se l’immagine avesse ritratto un ragazzo e una ragazza. La domanda chiave di questa vicenda resta però senza risposta: perché gli educatori, di fronte alla difficoltà di gestire un momento complicato nella vita della classe, decidono per prima cosa di far uscire dall’aula lo studente gay?

«Assicurare pari diritti sulle unioni civili — attacca Rosaria Iardino, consiglier­e milanese del Pd — sarebbe l’atto più importante per togliere terreno all’intolleran­za». La scuola ribadisce che «nessuna discrimina­zione» c’è stata, che l’unico intento era quello di coinvolger­e genitori e servizi sociali per aiutare il ragazzo ad essere più «consapevol­e nella comunicazi­one propria vita personale e intima».

Ieri il ragazzo è tornato a scuola. Da oggi anche il tribunale per i minorenni si occuperà delle ore che ha passato in corridoio.

La vicenda

Uno studente di 16 anni di un istituto cattolico di Monza, è stato tenuto in corridoio mentre i compagni facevano lezione in aula

La famiglia del ragazzo ha sporto denuncia sostenendo che si è trattato di discrimina­zione omofoba. Il preside parla di un modo per tutelarlo dopo che il 16enne aveva postato in Rete una foto: per la scuola era un’immagine hard per la famiglia lui mimava un atto sessuale

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