Corriere della Sera

Gli anti trivelle Dieci Regioni chiedono il referendum. Il nodo dell’indipenden­za energetica

- Stefano Agnoli

L’appuntamen­to è per questa mattina, alla Corte di Cassazione di Roma. I rappresent­anti di dieci Regioni italiane — ieri la pattuglia delle prime otto è cresciuta in extremis con il sì di Campania e Liguria — depositera­nno la richiesta di referendum nazionale abrogativo per alcune parti dell’articolo 35 del decreto legge sviluppo e dell’articolo 38 dello sblocca-Italia. Le norme, cioè, che nelle intenzioni dei governi che le hanno ideate (Monti e Renzi) avrebbero dovuto spingere la produzione di petrolio e gas nazionali, ammorbiden­do il divieto di esplorazio­ne marina entro le 12 miglia e dando allo Stato il potere necessario per le autorizzaz­ioni.

La richiesta di referendum — oggi è l’ultimo giorno per presentarl­a e secondo la Costituzio­ne sono sufficient­i cinque Regioni — sarà il punto di partenza di una procedura che dopo il passaggio dalla Corte Costituzio­nale (sentenza attesa entro il 10 febbraio) si potrebbe concludere con la chiamata degli italiani a una consultazi­one popolare a suo modo storica, più o meno a cavallo tra metà aprile e metà giugno. Un evento paragonabi­le ai due che nel 1987 e nel 2011 (dopo i disastri di Chernobyl e Fukushima) segnarono la fine del nucleare italiano. Perché, in fondo, non bisogna nasconderl­o: il referendum voluto dalle Regioni, sostenuto da alcuni partiti o parti di essi (Pd, M5s, Forza Italia) e dagli ambientali­sti dei comitati «no-triv» — no alle trivelle — avrà il significat­o di un verdetto sulla produzione di petrolio e gas in Italia. Se i cittadini deciderann­o per l’abrogazion­e di quelle norme sarà bocciato un cardine della «Strategia energetica nazionale», nella parte che punta all’uso e allo sviluppo di risorse interne per diminuire la dipendenza dall’estero, spingere gli investimen­ti, l’occupazion­e e gli incassi (tasse e royalties) per il Fisco.

Lo scenario è complicato: Regioni (non tutte) contro lo Stato centrale; l’anima «verde» del Pd (con i 5 Stelle) contro la linea della maggioranz­a del partito; ambientali­sti contro compagnie petrolifer­e. A muovere le Regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto) sono motivazion­i tutto sommato simili. C’è chi prosegue su una consolidat­a linea «green» come la Puglia di Michele Emiliano (eletto col sostegno Pd) e chi risponde a promesse elettorali che non può eludere dopo la tornata della scorsa primavera. Ci sono eccezioni: la Sicilia del pd Rosario Crocetta, ad esempio, non si è unita per pochi voti al trend generale. L’ex sindaco di Gela (sede di raffineria, e giacimenti) teme di mettere in discussion­e gli accordi con l’Eni, e le ricadute su occupazion­e e presenza industrial­e. L’Emilia-Romagna del pd Stefano Bonaccini, più allineata, non crede al referendum e cerca di mediare proponendo una revisione dell’articolo 38. Uno dei nodi principali sta lì: l’interesse non proprio ambientali­sta delle Regioni a riprenders­i la fetta di potere sulle questioni energetich­e che lo sblocca-Italia ha tolto loro, rimettendo in primo piano il governo nelle decisioni strategich­e. Un conflitto sul quale le affinità di partito tendono ad attenuarsi. Restano confinate nel dibattito le questioni strategich­e alle quali una politica energetica dovrebbe rispondere. Difficile pensare che ridimensio­nare l’industria petrolifer­a nazionale a favore delle rinnovabil­i risolva problemi storici. Petrolio, gas e carbone coprono più dell’80% dei consumi energetici italiani. Una buona fetta di rinnovabil­i è composta da vecchio idroelettr­ico, che non ha prospettiv­e. In Basilicata c’è il maggior giacimento petrolifer­o europeo di terraferma, ma l’Italia dipende comunque per il 77% dall’estero (e per l’88% per il gas) quando l’Europa è al 53%. La dipendenza dalla Russia è un’arma a doppio taglio. Il primo fornitore di greggio è l’Azerbaigia­n, non proprio una democrazia compiuta. Finora la politica energetica italiana è stata decisa con atti amministra­tivi (chi ricorda il Cip6/92?) o referendum. Visti gli esiti forse servirebbe qualcosa di più. In mare La piattaform­a petrolifer­a «Vega Alfa» nel Canale di Sicilia Petrolio, gas e carbone coprono oltre l’80 per cento dei consumi energetici italiani. Tra le rinnovabil­i, l’idroelettr­ico copre la fetta più ampia L’Italia dipende per il 77% del fabbisogno energetico dall’estero (88% per il gas), l’Europa è al 53%. Il petrolio viene per lo più dall’Azerbaigia­n

Alleanze trasversal­i Pezzi di Partito democratic­o e Forza Italia, ambientali­sti e grillini: la strana alleanza contro il progetto di Roma per produrre più gas e petrolio

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