Madri & padri raccontati con i numeri
Un Tempo delle donne dedicato alla maternità? Sì, siamo partite da qui ma siamo arrivate molto più lontano. La nostra inchiesta sulla condizione delle mamme italiane ha chiarito subito che l’unico modo costruttivo di parlare di maternità oggi è uno sguardo largo, profondo, che comprenda i padri, e poi i nonni e le nonne, le zie, le babysitter, le non madri, e persino gli animali. Perché coinvolgere tutti è l’unico modo di accelerare il cambiamento, rispetto a un tasso di occupazione femminile (46,8% secondo l’ultima rilevazione Istat) che cala vertiginosamente con la nascita dei bambini: dal 62% tra le donne senza figli al 41% per chi ne ha tre o più di tre. Ancora qui, a dover scegliere tra occupazione (non parliamo di carriera, ma di un posto di lavoro) e maternità? A contraddirci c’è l’esempio virtuoso della Svezia, dove più figli fai e più lavori. Evidentemente, a noi manca qualcosa. Piuttosto «basico» il welfare aziendale: solo il 15% delle imprese italiane ha un asilo nido, e il 26% una convezione per prezzi agevolati. Molto alte le rette delle strutture pubbliche dedicate ai bambini dagli 0 ai 3 anni. E poi ci sono pannolini, latte, pappe, visite mediche... Federconsumatori calcola che un bambino nel primo anno di vita costa tra i 6.809 e i 14.852 euro. Difficile cavarsela con un solo stipendio, lasciando l’antica separazione dei ruoli (babbo in ufficio, mamma a casa). In più, ci sono fatti nuovi: sempre più padri hanno voglia di occuparsi dei propri figli e quindi hanno cominciato a lamentare l’assenza di misure che li aiutino a farlo. Eppure, nel 2014 sono stati spesi soltanto 11 milioni di euro per la misura sperimentale che prevede 1 giorno di congedo obbligatorio e 2 facoltativi pagati al 100% dello stipendio. Perché gli uomini non usano questi strumenti? A proposito di stereotipi: meno del 20% degli italiani è a favore delle adozioni da parte degli omosessuali, mentre 100 mila minori vivono già con almeno un genitore gay, lesbo o trans. Le famiglie cambiano.