Vivere senza l’ansia del futuro La lezione di Giuseppe Sgarbi
— degli assilli, dei doveri, del dovere di avere successo. La vecchiaia — Svevo ha scritto su questo tema pagine di grandezza incomparabile — permette di vivere più a fondo il presente ossia la vita, meno sminuzzata e triturata dagli assilli e dagli affanni. Condivido a fondo questa pienezza, questa persuasione trovata là dove l’esistenza sembra invece affievolirsi.
La vecchiaia, scrive Giuseppe Sgarbi, arriva e « prende da dentro, un poco alla volta. E quando fuori si cominciano a vedere i primi segni, dentro è già tutto fatto». Una sorpresa che si fa a se stessi, ma non è detto sia solo brutta, se si accompagna alla possibilità di vivere più a fondo il presente, ossia di vivere più pienamente.
Certo, la vecchiaia — come ogni stagione della vita, come la vita in sé – può essere orribile, tragica, degradata e degradante e fa spesso sentire la verità di quel detto dell’antico Sileno, secondo il quale sarebbe meglio non essere mai nati.
Ma credo che Sgarbi si senta più vicino ai concreti e robusti latini, maestri nel coltivare un campo e nel costruire uno Stato, che ai greci con le loro vertiginose domande sul tutto e sul niente. E credo che Sgarbi — certo per tante ragioni fortunato, ma in parte anche spiritualmente artefice di quella sua fortuna — sia contento, senza enfasi, di essere nato e di vivere. I toni tragici non si addicono alla ferma dignità di un vecchio signore familiare con la ruvida terra e l’acqua del fiume, ma sempre attento alle buone maniere. Sarebbe bello potergli assomigliare, almeno un pochino...