Corriere della Sera

Quell’intesa da ritrovare tra i papi e il contempora­neo

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non eseguito. Nel 1953 Francis Bacon rielabora il ritratto di Innocenzo X di Velasquez. Sotto il pennello di Bacon il rosso dell’abito del papa diventa viola, le forme tremano. Innocenzo X ha la bocca spalancata in un grido, ma il drappeggio scuro non lascia passare la voce.

In questo tempo in cui artisti e Chiesa ricomincia­no a cercarsi, l’amicizia tra Giacomo Manzù e Giovanni XXIII mostra la strada. Lo scultore è convinto, come scriverà al segretario di papa Roncalli, che «l’arte a tema religioso è stata grande quando era nella cultura del proprio tempo», e che ciò nella società contempora­nea non è più possibile. Manzù sente però la somiglianz­a tra la sua «preghiera di lavoro» e quella del papa. Il tempo è maturo per la svolta. Il 7 maggio 1964 Paolo VI scende dall’affresco di Annigoni e riunisce un gruppo di artisti nella Cappella Sistina. Lamenta che si è spezzato «il filo della relazione» esistita per secoli tra l’artista e il «Capo della Chiesa cattolica» e impegna la Chiesa a riannodare il rapporto. «Noi abbiamo bisogno di voi», dichiara.

Si apre una nuova stagione, in cui il popolo della Pro Civitate Christiana può meditare sul Miserere di Rouault e la gente di Comunione e Liberazion­e può contemplar­e i crocifissi di Bill Congdon. La relazione tra arte contempora­nea Intese Giacomo Manzù presenta a Papa Giovanni XXIII il busto conservato nei Musei Vaticani (13 aprile 1963, Archivio Fondazione Manzù) e papato resta comunque difficile. Nel 1999 il Giovanni Paolo II abbattuto dal meteorite di Cattelan ricorda che una ricerca è in atto, ma anche che quella ricerca può far male. L’autore dell’opera nega intenti blasfemi, la curia milanese non ostacola l’esposizion­e in città, la Santa Sede tace. Tuttavia, quel pontefice gettato a terra, quel simbolo misterioso giunto dallo spazio che vince il vigore d’un Wojtyla inutilment­e aggrappato al pastorale, dicono che l’arte contempora­nea non teme proprio più Dio.

É ormai il tempo del crocifisso di Andres Serrano, immerso nell’urina dell’artista, e delle caricature di Maometto. Tocca a Joseph Ratzinger, al papa che da ragazzo voleva fare l’imbianchin­o, riannodare il filo. Con lui, parla lo storico della raffiguraz­ione del crocifisso, il teologo che ha denunciato la neoiconocl­astia contempora­nea. Il 21 novembre 2009 Benedetto XVI celebra i 45 anni dall’udienza agli artisti di Paolo VI riunendo ancora nella Cappella Sistina esponenti di tutte le arti. A costoro, definiti «custodi della bellezza», Benedetto XVI propone quella fede che «non toglie nulla al vostro genio, alla vostra arte, anzi li esalta e li nutre». S’inscrive in questi 45 anni la predilezio­ne di papa Francesco per la crocifissi­one bianca di Chagall. E prepara le prossime tappe della ricerca di una nuova intesa tra artisti e pontefici.

Grandiosit­à Nella foto Ansa, la prima sezione della mostra a Palazzo Strozzi. Sulla sinistra, si vede

(1880) di WilliamAdo­lphe Bouguereau. A destra, si riconosce il dipinto (18581863), di Antonio Cisari

I sentimenti L’idillio con Annigoni e Manzù, il disagio per Fontana, lo choc per Cattelan: ma il dialogo c’è

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I Maccabei
La flagellazi­one di Cristo I Maccabei
 ??  ?? Crocifissi­one bianca di Marc Chagall, 1938 (Foto © Chagall ®, by SIAE 2015, in mostra a Firenze), opera prediletta da papa Francesco; e La Nona Ora di Maurizio Cattelan, 1999 con papa Wojtyla abbattuto da un meteorite: l’autore negò intenti blasfemi
Crocifissi­one bianca di Marc Chagall, 1938 (Foto © Chagall ®, by SIAE 2015, in mostra a Firenze), opera prediletta da papa Francesco; e La Nona Ora di Maurizio Cattelan, 1999 con papa Wojtyla abbattuto da un meteorite: l’autore negò intenti blasfemi

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