È qui la festa? Pirlo scatenato movimenta la notte di New York
Dai natali a Flero alle prime meditabonde riflessioni da mezzapunta del Brescia, dalle intuizioni milanesi bipartisan alle idee meravigliose riversate nel cuore del palleggio bianconero, che vincesse quattro campionati consecutivi con la Juventus o perdesse la finale di Champions League di Berlino, durante gli ultimi vent’anni ha sempre avuto la stessa faccia. Da poker. E da Pirlo. Da quando è a New York, però, numero 21 della neonata franchigia con il marchio dell’aereo degli emiri sul petto, fateci caso, Andrea ha cambiato espressione. Sotto la barba da guru del centrocampo e quella zazzera post-fricchettona che nel 2015 porta in giro per il mondo con tanta disinvoltura soltanto lui, è comparso un sorriso che si accende a intermittenza: se sbatte il naso in Bono Vox degli U2 nel ristorante trendy di Manhattan in cui è a pranzo con la compagna Valentina (ormai perfettamente inserita nel Pirloworld che ruota intorno ai figli Angela e Niccolò, avuti dall’ex moglie Deborah); se si sveglia nella suite del Mandarin Hotel di Columbus Circle, che l’ha ospitato nel primo periodo newyorkese (affacciato sul verde verdissimo di Central Park, la gioia irrefrenabile lo porta a twittare: «Good morning Ny!»); se attraversa l’Hudson verso l’allenamento, passeggero sull’auto aziendale guidata da David Villa, miglior cannoniere nella storia della nazionale spagnola e compagno d’avventura nella Grande Mela; se va a tifare con il berrettino d’ordinanza gli Yankees, cugini sul diamante del football club dove si sta felicemente srotolando questo prepensionamento volontario («Sono venuto negli Usa prima che la Juve mi mandasse via»), vissuto con spensieratezza (altro che Serie A, finalmente) e un certo piglio adolescenziale («Il fatto di poter giocare a New York è stato decisivo nella mia scelta»).