Corriere della Sera

Mikaela, la nemica preferita degli allenatori

La giornalist­a di Mediaset: «Forse sono meno buona della D’Amico»

- Giovanna Cavalli

Il Bate Borisov è stato l’esatto contrario della Roma. È una squadra in grande salute, ma, soprattutt­o, è una squadra umile che prepara le gare nei dettagli perché sa di essere meno forte di tanti avversari. L’allenatore ha schierato una formazione in cui il più vecchio (Stasevich) ha 29 anni, con sei giocatori sotto i 25 che, fino a che hanno avuto gamba, hanno dominato la gara. Sono calati, quasi di schianto nel finale, ma hanno tenuto a denti stretti una vittoria meritata. Ha fatto il fenomeno Mladenovic, un terzino di 24 anni del vivaio del Borac di Cacak, passato poi per la Stella Rossa e finito in Bielorussi­a. Per tutto il primo tempo il Bate ha attaccato la zona di Florenzi, che non è un terzino e che non è mai stato aiutato da Iturbe (disastroso) o da Salah. Da lì sono nati tre gol, compreso l’harakiri di Szczesny (altra scelta sbagliata di Garcia, il polacco non è sembrato

«Eh, in studio c’è già il totoscomme­sse su chi sarà il prossimo», racconta rassegnata-barra-divertita una Mikaela Calcagno che proprio non soffre della sindrome del «gli allenatori ce l’hanno tutti con me». Anzi, il trittico di rispostacc­e colleziona­te in diretta tv dai mister di Milan, Juve e Inter, sconfitti e intervista­ti a caldo su Mediaset Premium, l’ha fortificat­a: «Forse succede perché faccio domande troppo dirette, ma continuerò a farle».

Come si sopravvive alle intemperan­ze ruvide di Sinisa Mihajlovic («Io faccio l’allenatore e lei la presentatr­ice»), Max Allegri («Che manca alla Juve? Legga la classifica, mancano i punti») e Roberto Mancini («Scegliete domande più intelligen­ti») è presto spiegato: «Non mi fa piacere, non sono lì per litigare, però sopporto, capisco che a volte è difficile dominare le emozioni».

Colpa o merito dell’esclusiva di Premium sul primo passaggio in tv, quando i protagonis­ti sono ancora in pieno furore agonistico e, se è andata male, di pessimo umore. «Mi è sempre successo, anche quando facevo i post-partita a bordo campo. Quante me ne disse Mazzarri, ai tempi della Samp. E che incubo con Benitez dopo un Napoli-Juve. Rispondeva a mugugni e monosillab­i».

Nessuno si addolcisce al cospetto della sua avvenenza bionda. A parte il presidente della Sampdoria Massimo Ferrero («Che bell’abitino, sa che lei è meglio della D’Amico?»). «Oddio, mi sa che è stato più imbarazzan­te questo». Scuse finora non ne sono arrivate, tantomeno mazzi di fiori: «Eh no».

Non vorremmo tirargliel­a, però nella collezione manca il romanista Rudi Garcia. «Beh, mi ha lanciato certe occhiatacc­e». Quanto a lei: «Mi arrabbio in silenzio e dentro di me ce li mando. Fuori resto impassibil­e e mi stupisco, perché sono impulsiva». Alla D’Amico non capita così spesso. «Trova? Forse sono meno buona». E sarà così, promette, anche quando le toccherà il presidente del Bari Gianluca Paparesta, ex arbitro nonché suo compagno: «Sarò cattivissi­ma. Magari sbrocca anche lui».

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