«Quinta colonna», il talk che cavalca la rabbia dei meno fortunati
Èpossibile fare un talk show che non finisca in prostrazione? È possibile che dopo due o tre ore di indignazioni, miserie, casi umani, comitati cittadini contro, disperazioni varie, scontri verbali, è possibile, mi dicevo, dare una visione «reale» di quanto sta accadendo oppure il genere talk ha in sé lo stigma dello sfascio, della ferita irreparabile, della caduta agli inferi?
Lunedì sera, su Rete4, la mia programmazione ideale sarebbe stata questa: in prima serata «Terra!» l’approfondimento di Toni Capuozzo (raccontava la solidarietà di chi accoglie, l’ostilità di chi non accetta gli immigrati e la ragionevolezza di chi s’interroga su come coniugare solidarietà e integrazione) e in seconda «Quinta colonna» di Paolo Del Debbio, il talk populista che cavalca la rabbia dei meno fortunati e la usa come un ariete contro il governo Renzi (presa di posizione più che legittima, sia chiaro).
La tv generalista non vive di ideali ma di linguaggi semplici, sorretti da fervidi cliché e retorica un tanto al chilo. Capite che per iniziare un programma con i sonetti di Paola Taverna, capogruppo al Senato per il Movimento 5 Stelle, ci vuole un coraggio da trucidi o un senso dell’umorismo ben mascherato. Che in certi momenti salta fuori, come quando l’inviato Roberto Poletti mostra il pranzo povero di una famiglia di disperati e riesce a spaccare un piatto, aggiungendo miseria a miseria. O quando dalla regia mandano in onda dei finti cinegiornali Luce, copiati spudoratamente da Fascisti su Marte di Corrado Guzzanti.
Del Debbio si sta trasformando in Maurizio Costanzo. O meglio in una delle fasi storiche di Costanzo, quando invitava in studio i sindaci per risolvere direttamente certi problemi. Una sola cosa non capisco: cosa ci faceva in una simile trasmissione una persona intelligente come Andrea Romano. Ha preso la parola alle 23.14 e subito è stato insolentito da Massimiliano Fedriga. Dico, Fedriga!