Chi ha paura del robot? Sarà un alleato
La nuova automazione che non taglia i posti di lavoro. A Milano arrivano 6.600 macchine
Siamo sicuri che un nuovo ciclo di ammodernamento degli impianti non renda le aziende più efficienti ma meno bisognose di manodopera? Da un lato, dunque, il timore di tagli, dall’altro il dibattito sull’impatto dei robot. Gli imprenditori tornano a comprare automazione per agganciare la ripresa, ma il parco macchine è spesso invecchiato e va rimesso al passo del progresso tecnologico e della concorrenza.
Per metterci alle spalle la crisi noi italiani abbiamo bisogno di più investimenti e più occupazione, tra il dire e il fare però ci sono di mezzo i robot. Siamo sicuri, infatti, che un nuovo ciclo di ammodernamento degli impianti non renda le aziende più efficienti ma meno bisognose di manodopera? A portare questo dilemma al centro dell’attenzione è la fiera Emo che si apre oggi a Rho, a due passi dall’Expo e che farà di Milano per una settimana la capitale mondiale dell’automazione. Saranno esposte 6.600 macchine provenienti dai grandi Paesi costruttori (Cina, Germania, Giappone, Italia, Corea del Sud e Stati Uniti) e che rappresentano un catalogo completo delle innovazioni tecnologiche che determineranno il futuro del manifatturiero e della modalità di lavoro in fabbrica. Passeggiando per la fiera assieme ai 150 mila visitatori attesi potremo, dunque, abbozzare l’oroscopo dell’industria mondiale e cercare di capire cosa cambierà nel rapporto con il lavoro sul versante quantitativo (occupazione) e su quello qualitativo (mansioni).
Nel dibattito italiano sulla ripresa il tema dell’impatto dei robot lo troviamo tematizzato in maniera differente. Da più parti si accusano gli imprenditori di aver attuato negli ultimi anni una sorta di sciopero degli investimenti, la Confindustria ha ribattuto dati alla mano che le cose non stanno così ma nessuno, per ora, si è avventurato a pronosticare quale sarà l’effetto di un massiccio acquisto di macchinari sugli operai. Si è fermi al vecchio paradigma più investimenti uguale più posti. Comunque, a guardare i dati che oggi verranno forniti all’inaugurazione di Emo, l’Italia si conferma al quarto posto tra i costruttori mondiali ma rappresenta anche il sesto mercato mondiale di utilizzo dei robot con un balzo del 40% e un carnet ordini di sei mesi. I nostri imprenditori hanno dunque deciso di riprendere a comprare automazione per approfittare della ripresa. Già negli anni della Grande crisi le imprese hanno ristrutturato, ma in prevalenza si è trattato di una riorganizzazione organizzativa-culturale e di uno snellimento delle strutture. Ora però il parco macchine è rimasto indietro e bisogna cambiarlo, metterlo al passo del progresso tecnologico e della concorrenza.
Ma cosa accadrà in fabbrica? Il professor Marco Taisch, del Politecnico di Milano, non è pessimista, a suo dire le aziende italiane hanno capito che di fronte all’avanzata di Paesi come la Cina e l’India non si può star fermi e bisogna tornare a investire, ma la sostituzione di manodopera non qualificata è stata già fatta in questi ultimi tre lustri, ora stiamo entrando in una fase nuova. Il professore li chiama «robot collaborativi» che non sostituiscono la manualità ma ne costituiscono in qualche maniera una protesi. L’esempio più semplice per capire come operano è quello del servosterzo: con una piccola pressione chiunque di noi ottiene un ampio movimento della vettura che una volta avrebbe richiesto uno sforzo fisico molto maggiore. Se applichiamo questo esempio alle lavorazioni di fabbrica vuol dire che il robot si incarica delle operazioni più onerose e l’uomo le sovraintende. Ma quante sono le imprese che sono davvero arrivate a questo stadio? Per Taisch forse due terzi delle imprese medio-grandi hanno passato il Rubicone dell’automazione, i Piccoli non ne hanno bisogno perché sono focalizzati su lavorazioni artigianali nel senso più autentico del termine.
Ma non è tutto. La seconda caratteristica dell’automazione che vedremo a Emo è «cognitiva». Non ha i tratti del robot antropomorfo che entrando in produzione caccia via gli operai, ma serve a organizzare e fornire tutte le informazioni sulle operazioni a monte: quando assembli una vettura, se sai tutto dei problemi che si sono verificati prima, ne guadagnano la fluidità della produzione e la qualità del prodotto. L’automazione cognitiva è un pezzo del progetto Industria 4.0 molto caro ai tedeschi. In questa visione il robot torna a essere un alleato dell’uomo e non una minaccia. Il vero problema è il digital divide, ovvero se l’operaio 45-50enne riesce a rimettersi in gioco o si rifiuta di apprendere. «Posso pensare però che l’enorme diffusione di smartphone e tablet nella vita quotidiana non sia fine a se stessa ma abbia un ritorno sul sistema industriale» assicura Taisch.
Nelle fabbriche aiutano chi li guida nelle fasi più pesanti del lavoro Altri tipi organizzano il lavoro, scoprendo i problemi durante la produzione