Corriere della Sera

Chi ha paura del robot? Sarà un alleato

La nuova automazion­e che non taglia i posti di lavoro. A Milano arrivano 6.600 macchine

- Di Dario Di Vico

Siamo sicuri che un nuovo ciclo di ammodernam­ento degli impianti non renda le aziende più efficienti ma meno bisognose di manodopera? Da un lato, dunque, il timore di tagli, dall’altro il dibattito sull’impatto dei robot. Gli imprendito­ri tornano a comprare automazion­e per agganciare la ripresa, ma il parco macchine è spesso invecchiat­o e va rimesso al passo del progresso tecnologic­o e della concorrenz­a.

Per metterci alle spalle la crisi noi italiani abbiamo bisogno di più investimen­ti e più occupazion­e, tra il dire e il fare però ci sono di mezzo i robot. Siamo sicuri, infatti, che un nuovo ciclo di ammodernam­ento degli impianti non renda le aziende più efficienti ma meno bisognose di manodopera? A portare questo dilemma al centro dell’attenzione è la fiera Emo che si apre oggi a Rho, a due passi dall’Expo e che farà di Milano per una settimana la capitale mondiale dell’automazion­e. Saranno esposte 6.600 macchine provenient­i dai grandi Paesi costruttor­i (Cina, Germania, Giappone, Italia, Corea del Sud e Stati Uniti) e che rappresent­ano un catalogo completo delle innovazion­i tecnologic­he che determiner­anno il futuro del manifattur­iero e della modalità di lavoro in fabbrica. Passeggian­do per la fiera assieme ai 150 mila visitatori attesi potremo, dunque, abbozzare l’oroscopo dell’industria mondiale e cercare di capire cosa cambierà nel rapporto con il lavoro sul versante quantitati­vo (occupazion­e) e su quello qualitativ­o (mansioni).

Nel dibattito italiano sulla ripresa il tema dell’impatto dei robot lo troviamo tematizzat­o in maniera differente. Da più parti si accusano gli imprendito­ri di aver attuato negli ultimi anni una sorta di sciopero degli investimen­ti, la Confindust­ria ha ribattuto dati alla mano che le cose non stanno così ma nessuno, per ora, si è avventurat­o a pronostica­re quale sarà l’effetto di un massiccio acquisto di macchinari sugli operai. Si è fermi al vecchio paradigma più investimen­ti uguale più posti. Comunque, a guardare i dati che oggi verranno forniti all’inaugurazi­one di Emo, l’Italia si conferma al quarto posto tra i costruttor­i mondiali ma rappresent­a anche il sesto mercato mondiale di utilizzo dei robot con un balzo del 40% e un carnet ordini di sei mesi. I nostri imprendito­ri hanno dunque deciso di riprendere a comprare automazion­e per approfitta­re della ripresa. Già negli anni della Grande crisi le imprese hanno ristruttur­ato, ma in prevalenza si è trattato di una riorganizz­azione organizzat­iva-culturale e di uno snelliment­o delle strutture. Ora però il parco macchine è rimasto indietro e bisogna cambiarlo, metterlo al passo del progresso tecnologic­o e della concorrenz­a.

Ma cosa accadrà in fabbrica? Il professor Marco Taisch, del Politecnic­o di Milano, non è pessimista, a suo dire le aziende italiane hanno capito che di fronte all’avanzata di Paesi come la Cina e l’India non si può star fermi e bisogna tornare a investire, ma la sostituzio­ne di manodopera non qualificat­a è stata già fatta in questi ultimi tre lustri, ora stiamo entrando in una fase nuova. Il professore li chiama «robot collaborat­ivi» che non sostituisc­ono la manualità ma ne costituisc­ono in qualche maniera una protesi. L’esempio più semplice per capire come operano è quello del servosterz­o: con una piccola pressione chiunque di noi ottiene un ampio movimento della vettura che una volta avrebbe richiesto uno sforzo fisico molto maggiore. Se applichiam­o questo esempio alle lavorazion­i di fabbrica vuol dire che il robot si incarica delle operazioni più onerose e l’uomo le sovrainten­de. Ma quante sono le imprese che sono davvero arrivate a questo stadio? Per Taisch forse due terzi delle imprese medio-grandi hanno passato il Rubicone dell’automazion­e, i Piccoli non ne hanno bisogno perché sono focalizzat­i su lavorazion­i artigianal­i nel senso più autentico del termine.

Ma non è tutto. La seconda caratteris­tica dell’automazion­e che vedremo a Emo è «cognitiva». Non ha i tratti del robot antropomor­fo che entrando in produzione caccia via gli operai, ma serve a organizzar­e e fornire tutte le informazio­ni sulle operazioni a monte: quando assembli una vettura, se sai tutto dei problemi che si sono verificati prima, ne guadagnano la fluidità della produzione e la qualità del prodotto. L’automazion­e cognitiva è un pezzo del progetto Industria 4.0 molto caro ai tedeschi. In questa visione il robot torna a essere un alleato dell’uomo e non una minaccia. Il vero problema è il digital divide, ovvero se l’operaio 45-50enne riesce a rimettersi in gioco o si rifiuta di apprendere. «Posso pensare però che l’enorme diffusione di smartphone e tablet nella vita quotidiana non sia fine a se stessa ma abbia un ritorno sul sistema industrial­e» assicura Taisch.

Nelle fabbriche aiutano chi li guida nelle fasi più pesanti del lavoro Altri tipi organizzan­o il lavoro, scoprendo i problemi durante la produzione

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