Chiuso l’ospedale di Kunduz L’America si scusa: sì all’inchiesta
Medici Senza Frontiere sposta lo staff a Kabul. E accusa: crimine di guerra
Medici Senza Frontiere dichiara chiuso il suo ospedale di Kunduz ed evacua su Kabul il personale sopravvissuto al bombardamento americano di due giorni fa. Nel frattempo, la battaglia delle forze regolari afghane sostenute dai caccia Usa contro la guerriglia talebana asserragliata in città e nei suoi dintorni continua serrata. Ieri mattina,ventiquattro ore dopo la strage nell’ospedale, con i morti passati da 19 a 22, tra cui tre bambini (l’altra notte sono deceduti altri tre afghani), il personale medico e paramedico ha raggiunto la capitale a bordo di un volo organizzato dalla Croce Rossa Internazionale. Di conseguenza, circa un milione di abitanti della provincia di Kunduz perdono il loro ospedale più importante. Resta funzionante parzialmente un solo ospedale, chiamato «Duecento Letti», e alcune cliniche private, comunque insufficienti di fronte all’emergenza dei combattimenti allargati a vaste aree della regione.
Da Washington è Obama in persona a promettere che un’inchiesta verrà avviata al più presto per far luce sulla dinamica del bombardamento. Il governo del presidente Ashraf Ghani ribadisce da Kabul che al momento del blitz americano sino ad una ventina di talebani armati erano presenti nella struttura. Ma, se anche fosse vero, sarebbe questo un dato sufficiente per giustificare le bombe? Ovvio che per i responsabili dell’organizzazione umanitaria ciò è inammissibile. Christopher Stokes, direttore generale di Medici Senza Frontiere, parla di «crimine di guerra» e chiede che l’inchiesta venga condotta «in modo indipendente» da una commissione internazionale.
Aspetteremo l’esito dell’inchiesta prima di emettere un giudizio definitivo. Ho chiesto alla Difesa di tenermi informato. Io e Michelle preghiamo per tutti i civili colpiti e per i loro cari I dubbi L’organizzazione umanitaria: «Ma l’inchiesta deve essere indipendente»
«Ciò servirà anche ad evitare che fatti del genere si ripetano e a garantire alle organizzazioni umanitarie di operare ancora in Afghanistan», spiega.
Ma il dato più drammatico resta la situazione nella città e nelle zone attorno invase dalla guerriglia talebana. Privati cittadini contattati dal Corriere testimoniano di «gruppi di talebani nascosti nelle case», che ricorrono alla guerriglia urbana contro l’esercito regolare. E’ la sfida del gatto col topo, fatta di imboscate, posti di blocco volanti, fughe tra le abitazioni, cecchini sui tetti, tra le bancarelle dei mercati. Numerosi cadaveri sono visibili per le vie.