Corriere della Sera

Pagamenti in ritardo. E l’azienda modello emigra al Nasdaq

Biscu (Ads): siamo cresciuti da 8 milioni a 130 milioni di fatturato ma è ancora difficile avere credito

- Mario Sensini

In Borsa, ma per disperazio­ne. E al Nasdaq in America, mica in Italia. «Può darsi davvero sia l’unica strada per finanziarc­i» dice Pietro Biscu, amministra­tore delegato e azionista di minoranza della Ads, un’impresa fondata trent’anni fa da quattro elettricis­ti romani e segnalata oggi dalla Deloitte tra le aziende europee, tra le prime tre in Italia, per la maggior crescita del fatturato. Proprio durante la crisi economica le attività di Ads sono esplose. Da piccola subappalta­trice dei grandi operatori di tlc l’azienda si è consolidat­a, e quando i «big», dopo la sbornia dell’Umts, hanno cominciato a licenziare si sono presi i loro manager migliori, e gli hanno affiancato i giovani. L’età media in azienda oggi è 27 anni, quella dei manager 40.

Conoscendo le esigenze dei clienti, la società di Pomezia ha prodotto buone soluzioni e si è conquistat­a una fetta del mercato, cominciand­o a vincere anche le prime gare dirette. «Non facciamo subappalti, tutto in casa» dice Biscu, e questo spiega come mai da 40 di pochi anni fa, i dipendenti sono diventati oggi 1.500, compresi i 200 di Nextira One, appena rilevata. Con quell’acquisizio­ne il fatturato, 8 milioni di euro a fine anni 90, salirà nel 2015 a 130 milioni, con un aumento del 1.525%. Ma i margini sono stretti, la cassa ridotta all’osso.

«Dipendiamo ancora dai grandi operatori del settore per la parte prepondera­nte del fatturato, ma loro pagano a 180 giorni, anche oltre 200» spiega Arnaldo Emiliani, figlio del fondatore e socio di maggioranz­a, insieme ai fratelli. «Cominciamo a incassare a settembre, ottobre, anche se da febbraio o marzo dobbiamo impiegare il nostro personale negli affiancame­nti sui servizi che poi vengono appaltati. Questo, di fatto, ci preclude il credito bancario» dice Biscu, 42 anni, figlio di un poliziotto ed ex dipendente di Ericsson, lasciata nel 2009 insieme a una quarantina di «avventurie­ri».

I grandi operatori ancora “dominano” il mercato, spiega Biscu. Fanno il bello e cattivo tempo, fanno appalti e poi li revocano, «e anche avendo ragione, abbiamo sempre preferito rinunciare alle dispute giudiziari­e...».

Quello dei servizi per l’Informatio­n Technology è un mercato in cui credono, e «un modo per finanziare la crescita dovremo trovarlo» dicono Biscu ed Emiliani, che adesso pensano alla Borsa. «Ci stiamo preparando» dicono.

Non è la via più semplice, ma le strade non convenzion­ali non li spaventano. Quando si sono trovati ad avere un costo molto alto in bilancio per le ferie accumulate dai dipendenti, la maggioranz­a dei quali lavorano fuori dall’azienda, sono andati in Confindust­ria e dai sindacati con l’accordo in tasca per le ferie libere per tutti: nessun obbligo di presenza e vacanze scelte a piacere. «A noi ci hanno preso per matti. Se lo fa Richard Branson è una grande cosa» dicono Biscu ed Emiliani. Sulla rotta del Nasdaq, come la Virgin tanti anni fa.

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