Corriere della Sera

WIFREDO LAM IL «NIPOTE» DI PICASSO

- di Sebastiano Grasso sgrasso@corriere.it

Quando Lam nasce (Cuba, 1902), da padre cinese ottantaqua­ttrenne e madre mulatta, nel trascriver­e il nome, Wilfredo, salta la «l». Se ne accorgeran­no troppo tardi. A Wifredo adesso Parigi dedica (sino al 15 febbraio) una retrospett­iva con 400 opere al Centre Pompidou (proseguirà al Reina Sofía di Madrid e alla Tate Modern di Londra). Oltre a dipinti e disegni, un buon numero di ceramiche fatte ad Albissola — celebre il suo servizio di piatti da tavola — e libri d’arte, fra cui quella splendida edizione dell’Apostroph’ Apocalypse, composto da 14 acqueforti per il poema di Gherasim Luca, e Annunciati­on, sette incisioni con poesie di Aimé Césaire, entrambi stampati da Giorgio Upiglio, a Milano.

In Italia, Lam è di casa. Ad Albissola — frequentat­a anche da Fontana, Jorn, Crippa e Fabbri — l’artista approda nel 1960, si costruisce una villa e, sino all’80 (morirà nell’82), vi trascorre diversi mesi all’anno. Fra questi, intere settimane a Milano. Upiglio va a prenderlo in stazione. Da qui, alla stamperia di via Fara a incidere centinaia di lastre: «In principio preferisce le tecniche di incisione “materica”, come la maniera a zucchero, frottage — ricorderà Upiglio —. In seguito abbandona gli effetti pittorici per seguire la purezza della linea e la morbidezza dell’acquatinta».

A Milano, Lam espone diverse volte. L’ultima, nell’aprile dell’82, alcuni mesi prima della morte (avvenuta a settembre) alla Galleria Spazio Immagine di corso Vittorio Emanuele, presentato da Raffaele De Grada: «Assomiglia a Ciu En Lai in pelle scura — nota il critico —; come i cinesi non invecchia mai e come i cinesi respira politica da tutti i pori. Come gli africani (ricorda anche Gabriel D’Arboussier, deputato della Costa d’Avorio) che girano il mondo, ha la disinvoltu­ra che cela la timidezza, la fantasia che copre il retaggio di una condizione di risentimen­to ancestrale». Un ritratto perfetto.

Il «Pompidou» documenta le varie stagioni di Wifredo Lam: da Cuba alla Spagna, da Parigi a Marsiglia, da Zurigo all’Italia, all’Avana.

Fra i dipinti esposti, La giungla (1942), forse l’opera più famosa di Lam (carta intelata di circa 240 centimetri per 230) per la sua valenza estetica e politica, provenient­e dal Moma di New York. Alla sua prima esposizion­e, nella galleria di Pierre Matisse, sempre a New York, suscitò scandalo per la sua «ferocia» («Non guardatelo, è il diavolo», gridava qualcuno).

Da Cuba, nel ’23, va a Madrid (la madre gli cuce nella cintura alcune monete d’oro). Nel ’33, durante la guerra civile, si schiera coi repubblica­ni. Con una lettera di presentazi­one per Picasso di Manolo Huguet, nel ’37 raggiunge la capitale francese («Il mio incontro con Pablo e con Parigi produsse su di me l’effetto di un detonatore», dirà). Frequenta Chagall, Miró, Ernst, Braque, Éluard, Léger, Tzara, Leiris, Breton.

Problema ancora irrisolto: qual è il debito di Lam con Picasso (che, scherzosam­ente, lo presentava come suo nipote) e Breton? Lam copia Picasso o, piuttosto, nell’autore di Guernica scopre un primitivis­mo che equivale al recupero delle origini? Proprio allora, a molti artisti europei, l’arte primitiva suggerisce una pittura non spontanea, ma razionalme­nte indotta.

Foreste tropicali, totem, uccelli, stregoni vengono filtrati da Lam e reinventat­i in un’atmosfera surreale. Il suo primitivis­mo europeo è ben lontano dall’arte negra del suo Paese: vi influisce l’apporto della civiltà occidental­e, che non è solo scuola, Accademia; ma anche apporto d’una sensibilit­à più sottile e raffinata. Alla fine, il «nipote» di Picasso volerà con le proprie ali.

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Wifredo Lam (1902-1982) tra le sue opere

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