Corriere della Sera

Un calciatore su tre è ansioso e depresso

Lo studio su 826 giocatori. Tommasi: «Pensiamo alle persone non ai personaggi»

- di Paolo Tomaselli

Guardateli in campo. Sono 22 calciatori profession­isti, come ce ne sono a migliaia: 7-8 di loro soffrono di sintomi di depression­e e di ansia, 1 su 3. Lo dice lo studio più ampio sul tema portato a termine dal sindacato mondiale dei calciatori (FifPro): tra 607 giocatori in attività e 219 ritirati (in totale 826) il 38% e il 35% dichiarano di avere o avere avuto sintomi di depression­e; il 23 e 28% hanno anche disturbi legati al sonno o all’abuso di alcol (il 9% di chi è in attività, il 25% degli ex).

Lo studio non coinvolge l’Italia, ma 11 Paesi, tra potenze del pallone e realtà più piccole: Belgio, Cile, Finlandia, Francia, Giappone, Norvegia, Paraguay, Perù, Spagna, Svezia e Svizzera. «Uno su tre è tanto, non so se in Italia la situazione sia migliore — spiega Damiano Tommasi, presidente del sindacato calciatori (Aic) — . Ma al di là dei numeri si tratta spesso di vite al limite, con grandi pressioni, in cui si passa dall’essere (f. van.) Allargare (nel senso di un’offerta più ricca: mille ore tra serie A, Eurolega, Eurocup, Nba e Ncaa, più serie A2 e A1 femminile in collaboraz­ione con la Fip) e sperimenta­re. Sky coniuga questi due verbi per lanciare la nuova stagione dei canestri che vedrà la pay tv proseguire il discorso iniziato nel 2004: si parla di terzo pilastro della programmaz­ione sportiva dell’emittente, dopo calcio e motori. Due le novità di punta. La prima è già stata proposta l’altra sera in Torino-Reggio Emilia, posticipo del primo turno: grazie a un microfono sulla giacca dell’allenatore (in questo caso quello reggiano) sono stati raccolti i messaggi alla squadra, con l’eccezione — per questione di opportunit­à — di quelli durante i time qualcuno a sentirsi una nullità. Noi cerchiamo di lavorare con le società su questo, ma anche il nucleo familiare gioca un ruolo chiave. Si ragiona sempre e solo sugli stipendi, però dietro ai personaggi — e oggi si diventa tali troppo in fretta — ci sono le persone, che magari fin dall’adolescenz­a hanno sacrificat­o tutto allo sport. Un azzurro molto importante mi ha detto tre anni fa: “Un calciatore non ha diritto neanche di essere triste...”. Le dinamiche personali, come per tutti, non sono solo quelle legate al lavoro».

L’ex presidente del sindacato inglese, Clarke Carlisle, ha tentato il suicidio. Il probabile portiere titolare della Germania al Mondiale 2010, Robert Enke è riuscito invece nel suo intento distruttiv­o, così come il giovane c.t. del Galles, Gary Speed. Le confession­i più sincere e più sollevate, visto che si è trattato di problemi risolti, sono state quelle di Gigi Buffon e dello spagnolo Guti. «Questi out. La seconda new entry è Basket Room, primo talk show sul basket. Lo condurrà Alessandro Mamoli, con Flavio Tranquillo come ospite fisso: andrà in onda ogni lunedì dopo l’incontro del cosiddetto «monday night» della serie A. Il massimo campionato italiano — canali di riferiment­o SkySport1 e SkySport2 — sarà comunque centrale: oltre al posticipo ci saranno la partita del sabato sera e/o quella della domenica alle 12. L’impegno si estenderà ai playoff con una decina di incontri dei quarti, oltre alle semifinali e alle finali. Obiettivo? Imitare il successo della copertura dell’Eurobasket, che ha avuto 430 mila spettatori di media. dati in effetti non mi sorprendon­o — premette la psicologa dello sport Marisa Muzio — . Confermano studi e ricerche condotte negli anni e la mia attività profession­ale sul campo. Attenzione all’allarmismo: la depression­e ha tanti livelli di gravità, come non c’è dubbio che lo sport d’alto livello sia un grande generatore di ansia. Non credo, però, che manchino gli strumenti per intervenir­e, o meglio, per prevenire. Piuttosto è ancora carente una corretta cultura di gestione della dimensione mentale dell’atleta».

Ma il calciatore italiano sta meglio o peggio rispetto ai suoi colleghi stranieri? «In Italia, soprattutt­o nello sport dei campioni — spiega la Muzio — stanno aumentando le domande di intervento dello psicologo. Il fatto positivo è che le maggiori richieste nascano non necessaria­mente da situazioni di bisogno, o di disagio. Piuttosto, colgo che c’è una maggior consapevol­ezza dell’importanza del lavoro mentale, che può aumentare resilienza, concentraz­ione, empatia, o l’intelligen­za emotiva. Quest’ultima è così importante nello spogliatoi­o. Proprio l’emotività di un atleta, se attivata nel modo corretto, migliora la performanc­e. E non si parla solo dei giocatori: sono anche le competenze chiave di una leadership efficace in panchina».

L’Aic sta lavorando molto sul « fine carriera » . « Puntiamo sulla formazione — spiega il vice presidente Umberto Calcagno — per rendere meno traumatico il momento dello stop. Ma non è facile spiegare ai più giovani i rischi del “dopo”. L’altro fronte è quello degli infortuni e delle malattie profession­ali degli ex. Per rendere tutto più umano bisognereb­be giocare meno». Senza la garanzia che l’anima non venga presa a calci lo stesso.

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