Corriere della Sera

I prossimi passi di Renzi per allargare il consenso ma evitando il voto in Aula

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Entro un mese i quattro Tornado italiani impegnati in Iraq potrebbero partecipar­e attivament­e ai raid contro i terroristi dell’Isis. Nei prossimi giorni il governo sonderà i partiti di maggioranz­a e opposizion­e per avere il massimo consenso nell’autorizzar­e quelle nuove regole di ingaggio sollecitat­e dagli Stati Uniti e dalle stesse autorità di Bagdad. Poi prenderà una decisione rispetto alla doppia opzione da far valere in Parlamento: voto oppure semplice informativ­a.

La risoluzion­e approvata nell’agosto del 2014 dal Senato per concedere il via libera alla missione in Iraq consente già interventi di attacco, tanto che più volte nel corso dell’ultimo anno il governo si è limitato ad aggiornare il Parlamento sull’evoluzione della situazione e sulla natura dei mezzi e del personale impiegato. Ma nei contatti di queste ore con i ministri di Difesa ed Esteri il presidente Matteo Renzi ha ribadito la necessità di coinvolger­e in maniera attiva le Camere. E dunque si potrebbe arrivare al compromess­o della votazione in seduta congiunta delle Commission­i competenti, in modo da poter meglio gestire l’eventuale dissenso.

Una consultazi­one dell’Aula parlamenta­re presenta mille incognite, soprattutt­o in una materia così delicata e in un momento storico che coincide con l’avvio del Giubileo, l’8 dicembre prossimo, e il timore di possibili attacchi terroristi­ci. La risoluzion­e già approvata oltre un anno fa, ha il pregio di aver dato seguito a una decisione presa in sede europea con la copertura dell’Onu. Prevede «di rispondere, d’intesa con i partner europei e transatlan­tici, alle richieste di aiuto umanitario e di supporto militare delle autorità regionali curde, con il consenso delle autorità nazionali irachene». Dunque potrebbe bastare un passaggio in Commission­e.

Sulla necessità di partecipar­e ai raid insistono ormai da settimane i comandi militari, pressati dalle istanze degli alleati. E convinti che nella partecipaz­ione alla Coalizione internazio­nale l’Italia non possa essere relegata a un ruolo secondario, anche tenendo conto che la stessa risoluzion­e approvata dal Parlamento autorizzav­a la partecipaz­ione del contingent­e militare «considerat­o che l’occupazion­e di ampie porzioni di territorio iracheno e siriano sotto il controllo di forze terroristi­che fondamenta­liste rappresent­a una seria minaccia alla sicurezza internazio­nale, come stabilito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite». E impegnava tutti gli Stati a «incoraggia­re la formazione di un nuovo governo iracheno in cui possano riconoscer­si tutte le componenti di quel Paese».

Priorità che il segretario di Stato americano Ashton Carter ha ribadito anche ieri al titolare della Difesa, Roberta Pinotti. Matteo Renzi sa bene che un rifiuto dell’Italia peserebbe non poco nelle relazioni internazio­nali, però è anche consapevol­e dell’effetto che un impegno in azioni di guerra può avere sull’opinione pubblica, visto che inevitabil­mente aumentereb­be il rischio di ritorsioni dei fondamenta­listi. Argomento che le opposizion­i potrebbero sfruttare proprio per screditare l’azione di governo.

Dunque — è la convinzion­e a Palazzo Chigi — è necessario creare il massimo consenso possibile, utilizzare lo stesso schema adottato quanto si decise di inviare armi ai peshmerga curdi.

Non a caso a poche ore dalle anticipazi­oni del Corriere della Sera sul cambio delle regole d’ingaggio, l’ambasciato­re iracheno a Roma, Saywan Barzani, ha parlato delle «centinaia di militari italiani da tempo a Erbil per addestrare militari e polizia», ha ricordato l’impegno dell’Italia «nell’invio di armi e aiuti» e poi ha aggiunto: «Tutti quelli che possono contribuir­e a bombardare l’Isis sono i benvenuti». E il ministro Pinotti, al termine dell’incontro con il segretario alla Difesa statuniten­se Carter, ha pesato le parole sottolinea­ndo come «nessuna decisione sarà presa senza il coinvolgim­ento del Parlamento».

«Coinvolgim­ento», è questa la parola d’ordine tenendo conto che in Iraq ci sono già più di 500 militari equipaggia­ti con avioriforn­itori, due Predator, un aereo per il rifornimen­to in volo, oltre ai quattro Tornado attualment­e utilizzati in compiti di ricognizio­ne e sorveglian­za.

Un mese Entro un mese i quattro Tornado italiani potrebbero partecipar­e ai raid in Iraq

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