Corriere della Sera

Il piano europeo per i rimpatri Un punto di svolta?

- Di Fabio Cavalera

Forse l’Europa sta per decidere di usare le maniere forti. Il condiziona­le è sempre d’obbligo alla vigilia di certi summit ma una cosa è certa: per provare a gestire la crisi dei rifugiati, i 28 ministri dell’Interno riuniti oggi a Lussemburg­o troveranno sul tavolo la bozza del «piano d’azione per il rientro». È un testo di mediazione diplomatic­a fra i Paesi della Ue che ha lo scopo di gettare le basi del rimpatrio a breve termine dei migranti «economici» irregolari. Il Times, che ne ha rivelato il testo, parla di 400 mila «deportazio­ni», ovvero di allontanam­ento coatto per chi nei primi sei mesi del 2015 si è visto respingere la richiesta d’asilo. La Ue ha smentito il numero ma non la sostanza. Il che significa che la linea della severità è davvero all’ordine del giorno, poco importa (per ora) se riguarda 100 o 200 o 400 mila persone. Conta il contesto entro cui si colloca questa svolta. La nuova filosofia europea, se passerà, è che «tassi crescenti di rimpatri devono agire come deterrente per le migrazioni irregolari». La traduzione in pratica è articolata in diversi punti e prefigura la possibilit­à di sanzioni per i Paesi che si ostinano a respingere i loro cittadini in fuga. Mentre i Paesi membri della Ue sono vincolati a «mobilitare gli strumenti per migliorare la cooperazio­ne sulla riammissio­ne» ma anche a prendere «tutte le misure per assicurare l’effettivo ritorno dei migranti irregolari, compresa la detenzione». A «facilitare le operazioni di rientro» sarà una unità speciale di Frontex, l’agenzia che coordina i controlli alle frontiere. L’emergenza rifugiati è dunque a un punto di svolta? Il buon senso dice che le migrazioni vanno affrontate con solido pragmatism­o, cosa che implica anche i rimpatri, e con progetti coinvolgen­ti i Paesi poveri da dove i flussi originano. La severità comune non è da scambiare per insensibil­ità. I controlli e gli interventi sono necessari. Ma trasformar­e la severità in «deportazio­ne» di massa immediata e senza regole è pericoloso. È giusto che l’Europa mandi un messaggio di unità politica e di chiarezza operativa. Non che lo faccia, con metodologi­e burocratic­he barbare, ascoltando le sirene dei populismi xenofobi. Comunque sarà un’operazione dolorosa.

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