Corriere della Sera

Quella realtà scientific­a che è sempre più politica

- Di Giovanni Caprara

Dal 1992 i «Summit della Terra» hanno segnato la storia della responsabi­lità ambientale per le popolazion­i del pianeta. Si iniziò con Rio de Janeiro e poi seguirono Berlino, Kyoto e altri sino ad arrivare alla difficile assemblea di Copenaghen nel 2009. Se per certi aspetti i Summit sono stati criticati a causa delle faraoniche assemblee, in parte diventate scenari di esibizioni politiche inconclude­nti, per altri versi sono stati essenziali nel favorire un mutamento di visione delle condizioni a rischio della Terra. Il problema del riscaldame­nto non era un’opinione di qualche catastrofi­sta ma una realtà con la quale fare i conti dal momento che innescava mutamenti ambientali capaci di influire sulle specie e alterare pericolosa­mente i ritmi atmosferic­i rendendoli più estremi e dannosi. Il fondamenta­le dato positivo è che in 23 anni la scienza ha affrontato la questione raccoglien­do le conoscenze precise e necessarie per le decisioni politiche. Non sempre facili da far accettare perché riguardano anche scelte personali e produttive legate, ad esempio, ai consumi di energia e al migliorame­nto dell’efficienza dei sistemi impiegati. Il tutto mirato a contenere un riscaldame­nto del pianeta al di sotto dei due gradi centigradi per evitare disastri ambientali, economici e umani in vaste aree dei continenti. L’emergenza planetaria così scaturita, con l’incubo per un futuro del pianeta incontroll­ato, ha fatto emergere in modo talvolta aspro il confronto tra nazioni ricche e povere, con queste ultime impegnate a chiedere ai paesi sviluppati risorse economiche per essere in grado di dare risposte adeguate. La questione è diventata da scientific­a a politico-economica e su questo fronte è fallito il summit di Copenaghen. Ora la soluzione si aspetta dal prossimo incontro di Parigi alla fine dell’anno; ma il risultato non sarà facile da conquistar­e.

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