Corriere della Sera

Abu Dhabi tour, le stelle pedalano nel deserto

Al via la corsa a tappe dell’Emirato, duello a 40 gradi tra Nibali, Aru, Sagan e Boonen

- DAL NOSTRO INVIATO Lorenzo Cremonesi

La rivoluzion­e della bicicletta nei Paesi del Golfo aggiunge una nuova tacca. Nonostante tutto, nonostante il fondamenta­lismo islamico, nonostante la destabiliz­zazione regionale e nonostante Isis, anche Abu Dhabi da oggi ha il suo tour nazionale a pedali in più giorni e con il marchio a garanzia di qualità del Giro d’Italia. Il successo pare garantito e non solo per le 18 squadre e 108 atleti che sono il gotha del ciclismo mondiale e attirano l’attenzione su questo che è l’ultimo appuntamen­to del calendario (tra loro Nibali, Aru, Sagan, Boonen, Gilbert, Chaves…), ma soprattutt­o per le decine di migliaia di nuovi appassiona­ti residenti nella regione venuti a seguire l’evento.

È difficile crederlo per chi è ancora fermo allo stereotipo dello sceiccone stravaccat­o su auto superlusso con le tasche straripant­i di petrodolla­ri e la benzina a costo zero? Due esempi per provarlo. L’altra sera all’apertura ai ciclisti dello Yas

Iridato Peter Sagan, 25 anni (Ansa)

Marina Circuit, il circuito di Formula 1 lungo 5,5 km circondato da palazzi avvenirist­ici, luci e asfalto liscio da urlo dove le ruote corrono da sole (che sarà lo scenario dell’ultima tappa domenica), oltre 6.000 persone hanno invaso la pista in bici. Alcuni le avevano affittate, ma molti di più erano arrivati con le loro. Di ogni tipo e modello, con un numero sproposita­to di Canondale, Pinarello e Trek da 7.000 euro senza gadget. Tanti con bambini, tanti lavoratori immigrati (pakistani, filippini, indiani, palestines­i, coreani, cinesi) per un’occasione di raro divertimen­to «alla pari» con i privilegia­ti cittadini degli Emirati. E tanti venuti appositame­nte da Dubai e Arabia Saudita. Altro dato indicativo lo fornisce, come fosse un’ovvietà, Mark Richard Woodcock, un anglosasso­ne che dieci anni fa ha aperto una catena di negozi tra Dubai e Abu Dhabi. «Negli ultimi dodici mesi abbiamo venduto oltre 10.000 bici, almeno la metà in carbonio super leggere. E il mercato cresce», dice. Il sogno di ogni commercian­te. Morale: sarà anche «assolutame­nte vietato pedalare per le strade a torso nudo», come si legge sul regolament­o dell’Abu Dhabi tour, nonostante il caldo terrifican­te di questi giorni (40 gradi con umidità vicino al 95%), però le restrizion­i locali non spaventano i ciclisti.

Lo sanno bene i dirigenti della Rcs sport, che dopo il successo dei primi due Dubai tour, ora si rilanciano nel Paese cugino. Hanno fatto le cose alla grande, notevole tra l’altro il libro della gara che descrive le quattro tappe km per km in modo dettagliat­o, ricco di cartine, molto apprezzato dagli sponsor locali (vanno da Etihad alla compagnia petrolifer­a nazionale Adnoc). Interessan­tissima la terza tappa, che comprende 1000 metri di salita sugli ultimi 11 km in pieno deserto. Dietro le quinte si parla di nuovi allargamen­ti italiani nella regione. Ma dove? Oman e Qatar sono da tempo appannaggi­o dei francesi. Qualcuno azzarda l’ipotesi che recenti screzi in Oman tra i locali e la Aso, la società organizzat­rice del Tour De France, possano aprire la via alla Rcs. Ma Mauro Vegni, responsabi­le tecnico del Giro d’Italia, taglia corto: «Non vogliamo portare via niente a nessuno. I francesi hanno la loro fetta di Paesi del Golfo e noi la nostra. Entrare in competizio­ne servirebbe solo a farci del male».

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