Corriere della Sera

L’aiuto di Verdini non è un problema etico ma politico Si risolve se verrà detto no alle modifiche dell’Italicum chieste dal gruppo di senatori che ha difficoltà a tornare in Parlamento

- Di Stefano Passigli

Dopo l’accordo tra Renzi e la minoranza Pd, e malgrado gli accesi scontri in assemblea, il cammino del disegno di legge costituzio­nale appare oramai in discesa. Quale che sia il giudizio sulle grandi scelte della riforma, l’accordo stesso merita di essere valutato per i discordant­i effetti che esso può avere.

Da un lato infatti non si può non darne un giudizio positivo: entrando la nuova legge elettorale in vigore solo tra nove mesi, una sconfitta parlamenta­re del governo non avrebbe portato ad elezioni ma ad un debole Renzi 2 o al permanere in carica di un governo azzoppato, incapace di varare una legge di Stabilità coraggiosa e di attuare le deleghe su giustizia e pubblica amministra­zione, aumentando quel distacco dalla politica che continua ad essere uno dei più pericolosi tratti del nostro sistema.

Non si può tuttavia tacere che i 160 voti con cui è stato approvato l’articolo 2 rappresent­ano un serio problema, non solo per l’esiguità del consenso con cui ci si accinge a modificare la nostra Legge fondamenta­le, quanto per la stessa origine di tali voti e per la necessità di avere nella lettura finale la maggioranz­a assoluta dei componenti il Senato (161 voti).

Ho già espresso su queste colonne la mia convinzion­e che l’equilibrio tra poteri e le funzioni del nuovo Senato, piuttosto che le sue modalità di elezione, fossero il cuore del problema; l’aver scelto invece l’elettività quale terreno di scontro è stato probabilme­nte un errore che ha aperto al governo la via per la ricerca di un supporto trasformis­tico che ha origini ben più lontane dello stesso patto del Nazareno. Quest’ultimo aveva infatti le caratteris­tiche di una potenziale grande coalizione, con tutti i pregi e i difetti già mostrati nell’esperienza dei governi Monti e Letta e insiti nel concetto stesso di simili alleanze.

Il supporto dato al governo dal gruppo di transfughi da Forza Italia raccolto da Denis Verdini ha invece tutte le caratteris­tiche del più opportunis­tico trasformis­mo, e traduce del resto l’esperienza stessa del suo fondatore, cui indirettam­ente devo il mio passaggio dalle aule universita­rie alla politica attiva. Era il 1992; Verdini era già allora figura discussa: vistasi rifiutata la candidatur­a dal suo Psi, cercò e trovò ospitalità come indipenden­te nelle liste repubblica­ne. In uno stesso giorno ricevetti le telefonate di Spadolini e Visentini che mi sollecitav­ano a candidarmi per fermarne la possibile e non gradita elezione. Vinsi con più del doppio delle preferenze di Verdini che, finito terzo, abbandonò subito il Pri per candidarsi di lì a poco nell’Elefantino di Segni e Fini. Nuovamente sconfitto, fu eletto consiglier­e regionale da Forza Italia, nelle cui liste entrò finalmente nel 2001 in Parlamento completand­o così il suo percorso dalla sinistra alla destra. Il resto è storia recente.

Giustifica questa storia la levata di scudi contro il suo appoggio alla riforma costituzio­nale? Malgrado il suo consoli- dato trasformis­mo e i suoi altrettant­o consolidat­i problemi giudiziari, si può anche concordare — appellando­si a Machiavell­i — con quanti ritengono che i voti di Verdini non pongano un problema etico; ma è difficile negare che essi non pongano un problema politico. Questo problema ha però una concreta possibilit­à di soluzione: il rifiuto di modificare l’Italicum sul premio di maggioranz­a.

Il raggruppam­ento di Verdini non ha voti, nemmeno in Toscana, e i senatori che ne fanno parte possono sperare di tornare in Parlamento solo se l’Italicum fosse modificato per introdurre il premio di maggioranz­a alla coalizione e abolire altresì la soglia del 3 per cento per le liste coalizzate, o nell’improbabil­e ipotesi che il Pd accogliess­e i vari Barani e D’Anna tra le proprie candidatur­e, malgrado che i sondaggi indichino in tal caso una forte crisi di rigetto da parte dei suoi elettori. Si aggiunga che se non vuole incoraggia­re il peggior trasformis­mo e un ritorno alla frammentaz­ione partitica il Pd dovrà mantenere il premio alla lista e non alla coalizione, opponendo un fermo «no» alle richieste di Alfano, Verdini, della Destra e paradossal­mente della minoranza Pd, la cui richiesta di concedere il premio di maggioranz­a alla coalizione è un vero e proprio esempio di masochismo politico, dato che esso favorirebb­e il formarsi di un grande partito di centro e non certo un’alleanza con SeL e tantomeno con i 5Stelle.

Superata la spasmodica attenzione al tema della elettività del Senato, a spese del più rilevante tema delle sue funzioni, è augurabile che il dibattito politico non sia monopolizz­ato nei prossimi mesi dal tema della riforma dell’Italicum e si concentri invece, anche in vista del futuro referendum confermati­vo, su quello che è il vero problema che nasce dalla riforma in corso: la necessità di assicurare l’indipenden­za dalla maggioranz­a politica delle magistratu­re di garanzia (Presidenza e Corte costituzio­nale), confermand­o così il permanere di un complessiv­o equilibrio tra poteri.

Pericoli Se non si sta attenti c’è un alto rischio di frammentaz­ione e trasformis­mo

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy