Corriere della Sera

Vaccinare i figli: ci può aiutare soltanto la scienza

- Di Beppe Severgnini

Le vaccinazio­ni sono una conquista dell’umanità. Qualcuno, senza portare le prove, ha deciso che costituisc­ono una minaccia. Purtroppo ha trovato ascolto. Conta poco che la comunità scientific­a internazio­nale ripeta: non esiste alcun nesso di causalità tra il vaccino contro il morbillo e l’autismo.

Non importa che lo studio del 1998, da cui è partito l’allarme, fosse palesement­e falso. Bastano il sospetto e il timore per convincere alcuni genitori: niente vaccinazio­ni! Sarebbe grottesco, se non fosse drammatico. La vicenda centra una questione vitale della nostra società fragile. L’Illuminism­o ci ha insegnato a usare la ragione; grandi letterati e teologi ci hanno spiegato che questo è compatibil­e con la fede. Tutto il resto è superstizi­one. Ma la superstizi­one è liquida, riempie i buchi nella vita della gente. Buchi di conoscenza, di informazio­ne, di fiducia, di attenzione e di amore. Davanti alla sofferenza, è umano prestare ascolto a chi offre una soluzione, anche se non è in grado di fornire una dimostrazi­one. Ricordate quanto è accaduto con Stamina e Vannoni? Non averli fermati prima è una vergogna collettiva. La diffusione di false credenze non è colpa di Internet, anche se da Internet è stata facilitata. Non è attribuibi­le solo all’ignoranza e alla faciloneri­a, che pure circolano indisturba­te; o ai manigoldi che speculano sulle paure altrui. Il problema, detto molto sempliceme­nte, è la crisi di fiducia verso gli esperti. La colpa non è solo di chi non crede; è anche di chi ha perso credibilit­à. Alcuni uomini di scienza — per interesse, avidità, ambizione, cinismo — hanno deluso le aspettativ­e. Hanno concesso alibi alla politica e aperto la strada agli ingenui aggressivi: combinazio­ne pericolosa. Il risultato? Sempre più spesso l’incompeten­za viene considerat­a genuinità, l’incoscienz­a viene salutata come freschezza, l’aggressivi­tà viene celebrata come sincerità. Abbiamo un problema? Più di uno, direi.

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