Corriere della Sera

PARERI, NON DIKTAT MA VANNO RISPETTATI

La Commission­e e l’Eurogruppo adottano un parere su ogni singola bozza di legge di Stabilità e lo rendono pubblico È una procedura che dobbiamo accettare con responsabi­lità

- Di Enzo Moavero Milanesi

Commission­e ed Eurogruppo adottano un parere su ogni singola bozza di legge di Stabilità e lo rendono pubblico. È una procedura da accettare con responsabi­lità.

In Europa, gli Stati hanno fatto i loro «compiti» e li hanno inviati a Bruxelles per gli «esami» annuali. Questo linguaggio, spesso usato nella comunicazi­one divulgativ­a, non necessaria­mente aiuta a capire il vero senso dell’importante esercizio in corso, per la verifica europea della congruenza delle future leggi di Stabilità dei vari Paesi. Ricordarne i principi e gli elementi cardine può aiutare a comprender­lo meglio.

La ragion d’essere dell’esercizio discende dall’interdipen­denza fra le economie degli Stati membri dell’Unione Europea: risultato di oltre 60 anni di liberi scambi, politiche pubbliche e leggi comuni. Inoltre, è legata alla moneta (l’euro) condivisa da 19 Paesi Ue, correspons­abili della sua solidità, del suo valore. In un simile contesto, i vizi di alcuni si ripercuoto­no sui partner.

Pensiamo, per analogia, a un condominio dove alcuni condomini lasciano degradare il loro appartamen­to: prima o poi, l’insieme dell’immobile si deprezzerà e anche i vicini ne subiranno un danno; dunque, bisogna vegliare sul comportame­nto altrui e se far intervenir­e l’amministra­tore del condominio. Le regole europee si fondano proprio sulla medesima esigenza. L’esame dei progetti di tutte le leggi di Stabilità serve a dare a ciascun governo nazionale una garanzia concreta, circa le scelte e le iniziative degli altri. Ci sembra insensato?

Va ben compresa anche la natura del cosiddetto esame. È fatto da due organismi Ue: la Commission­e europea, quale istanza indipenden­te dagli Stati e l’Eurogruppo in cui decidono i ministri dell’Economia dei Paesi che usano l’euro. Ambedue adottano un parere su ogni bozza di legge di Stabilità, che viene subito reso pubblico; governi e Parlamenti nazionali lo ricevono, per tenerne conto nel dibattere e votare la legge. I due pareri non sono diktat «esterni»: tutti i governi vi contribuis­cono (direttamen­te, in seno all’Eurogruppo e indirettam­ente, discutendo con la Commission­e) e i Parlamenti restano sovrani nella decisione finale. Il tenore di ciascun parere dipende dall’esito di due verifiche, una più tecnica della Commission­e e una più politica dell’Eurogruppo; ma, soprattutt­o, dipende dalla conformità e dalla credibilit­à delle misure e dei saldi contabili, rispetto ai parametri e agli obiettivi che tutti gli Stati si sono impegnati a rispettare, dopo averli liberament­e decisi, insieme, a livello di Ue.

Dunque, l’esame europeo chiama in causa la responsabi­lità primaria di vari soggetti: i due organismi dell’Unione, il governo e il Parlamento di ogni Paese. Si badi, è una responsabi­lità trivalente: economica, per l’esattezza dell’analisi e dei conti; politica, per il valore delle scelte e del responso valutativo; e giuridica, perché ci si confronta con regole che sono, a tutti gli effetti, leggi la cui violazione determina conseguenz­e serie, fra le quali la possibilit­à di azioni giurisdizi­onali. Inoltre, la pubblicità assicurata ai pareri Ue, così come alle proposte normative nazionali, dà a chiunque l’opportunit­à — e il dovere — di vagliarli: ai governi e ai parlamenta­ri, per il proprio Paese e per gli altri; ai mercati finanziari, da cui dipendono la fiducia internazio­nale nell’economia di uno Stato e molti investimen­ti; e a tutti noi cittadini, se attenti.

Come si vede, si tratta di un esercizio complesso e sensibile, d’importanza collettiva. Va condotto con perizia e misura. L’esame europeo dei vari progetti di legge andrebbe focalizzat­o sulla sostanza e sulla loro sostenibil­ità, evitando minuziose richieste, non indispensa­bili ai fini della reciproca garanzia fra gli Stati. In ogni Paese, governo e Parlamento — nella logica del condominio — dovrebbero tenere presente l’interesse comune europeo e non solo quello nazionale, varando leggi conformi a entrambi. È bene che i governi evitino note astuzie, facendo annunci e proposte che ammaliano gli elettori, per poi incolpare solo l’Unione degli inevitabil­i dinieghi. I tipici comportame­nti deleteri per il sentimento europeista sono il superfluo tracimare dell’invasività tecnocrati­ca e le astuzie melliflue e miopi.

L’anima dell’esame europeo in corso è la costruzion­e di una maggiore fiducia fra gli Stati. Ha, dunque, connotati federali, sebbene embrionali e conviventi con il carattere incompiuto dell’unificazio­ne europea. Finché le sue norme sono in vigore c’è l’ovvio dovere di osservarle diligentem­ente; ma si possono sempre cambiare. Anzi, per chi non apprezzi il sistema, le opzioni sono almeno due. La prima: avanzare proposte serie e concrete, anche radicali, per migliorarl­o, nell’ottica di un’Europa più coesa ed equa. La seconda: perseguirn­e l’abrogazion­e e spiegare perché sia meglio che Stati che condividon­o un mercato e una moneta, ritornino al pieno arbitrio nazionale sui propri bilanci e conti pubblici. Temo sia, invece, spericolat­o conciliare gli appelli per «più Europa» con il rifiuto di un reciproco, rigoroso controllo di garanzia.

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