Corriere della Sera

Le coperture e l’Iva in più

Con le clausole di salvaguard­ia l’ipotesi dell’aumento di 2,5 punti nel 2017

- Enrico Marro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La stangata sull’Iva non ci sarà nel 2016, ma non è stata cancellata per il futuro. Previsto dalle cosiddette clausole di salvaguard­ia, l’aumento dell’Iva è stato rimodulato e scatterà dal 2017, con l’aliquota del 10% che dovrebbe salire al 12,5% e quella del 22% al 24,5%. A meno che il governo, con la manovra che presenterà tra un anno, non provveda a eliminarlo, come ha fatto per il 2016 con il disegno di legge di Stabilità approvato in Consiglio dei ministri giovedì.

Da un po’ di anni ormai le clausole di salvaguard­ia sono diventate la principale preoccupaz­ione delle manovre di finanza pubblica. Nel senso che si disinnesca­no quelle esistenti, ma immediatam­ente se ne mettono di nuove, per far tornare i conti in mancanza di altre misure (per esempio, una spending review più forte).

Le clausole eliminate questa volta prevedevan­o, tra l’altro, un aumento di due punti delle aliquote Iva del 10 e del 22%, che quindi dal primo gennaio 2016 sarebbero salite al 12 e al 24%. Questo non avverrà. Ma le nuove clausole di salvaguard­ia che i tecnici stanno mettendo a punto (il provvedime­nto approvato giovedì è ancora in fase di scrittura, ha confermato ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan) insisteran­no comunque sull’incremento dell’Iva, anche se la vecchia tabella di marcia che prevedeva aliquote del 13% e del 25% nel 2017 sarà leggerment­e attenuata, dicono dal Tesoro, consideran­do che le clausole di salvaguard­ia disinnesca­te per il 2016 per un valore di 16,8 miliardi hanno un trasciname­nto di 12,2 miliardi nel 2017 e di 9,5 miliardi nel 2018. Nonostante ciò, nuove norme “paracadute” sono necessarie per 13,9 miliardi di euro nel 2017 e 19,3 miliardi nel 2018. Il che significa che anche le prossime manovre dovranno servire in gran parte a trovare le risorse per evitare i corrispond­enti aumenti dell’Iva. Disinnesca­re le clausole era la priorità della legge di Stabilità 2016, hanno spiegato il premier Matteo Renzi e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. E questa sarà la priorità anche delle prossime manovre. Un cane che si morde la coda.

Basti pensare che il disegno di legge approvato giovedì e che per il 2016 vale 26,5 miliardi è dedicato appunto per quasi 17 miliardi a depotenzia­re le clausole di salvaguard­ia previste dalle ultime due manovre (governo Letta e governo Renzi). Alle misure per spingere l’economia vanno quindi meno di 10 miliardi. Si dirà che anche aver impedito l’aumento dell’Iva e delle accise sui carburanti aiuta la crescita. Ma è altrettant­o vero che i rincari delle tasse che il governo si vanta di aver cancellato erano stati in gran parte decisi dallo stesso esecutivo Renzi (53 miliardi dall’incremento delle aliquote Iva nel triennio 2016-2018) per far accettare a Bruxelles la legge di Stabilità. È infatti proprio la commission­e europea a pretendere questi meccanismi di garanzia, il più semplice dei quali è appunto l’aumento automatico delle imposte messo a copertura della manovra triennale, salvo poi trovare di anno in anno il modo per metterci una pezza. Magari con una nuova clausola di salvaguard­ia.

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