Le coperture e l’Iva in più
Con le clausole di salvaguardia l’ipotesi dell’aumento di 2,5 punti nel 2017
La stangata sull’Iva non ci sarà nel 2016, ma non è stata cancellata per il futuro. Previsto dalle cosiddette clausole di salvaguardia, l’aumento dell’Iva è stato rimodulato e scatterà dal 2017, con l’aliquota del 10% che dovrebbe salire al 12,5% e quella del 22% al 24,5%. A meno che il governo, con la manovra che presenterà tra un anno, non provveda a eliminarlo, come ha fatto per il 2016 con il disegno di legge di Stabilità approvato in Consiglio dei ministri giovedì.
Da un po’ di anni ormai le clausole di salvaguardia sono diventate la principale preoccupazione delle manovre di finanza pubblica. Nel senso che si disinnescano quelle esistenti, ma immediatamente se ne mettono di nuove, per far tornare i conti in mancanza di altre misure (per esempio, una spending review più forte).
Le clausole eliminate questa volta prevedevano, tra l’altro, un aumento di due punti delle aliquote Iva del 10 e del 22%, che quindi dal primo gennaio 2016 sarebbero salite al 12 e al 24%. Questo non avverrà. Ma le nuove clausole di salvaguardia che i tecnici stanno mettendo a punto (il provvedimento approvato giovedì è ancora in fase di scrittura, ha confermato ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan) insisteranno comunque sull’incremento dell’Iva, anche se la vecchia tabella di marcia che prevedeva aliquote del 13% e del 25% nel 2017 sarà leggermente attenuata, dicono dal Tesoro, considerando che le clausole di salvaguardia disinnescate per il 2016 per un valore di 16,8 miliardi hanno un trascinamento di 12,2 miliardi nel 2017 e di 9,5 miliardi nel 2018. Nonostante ciò, nuove norme “paracadute” sono necessarie per 13,9 miliardi di euro nel 2017 e 19,3 miliardi nel 2018. Il che significa che anche le prossime manovre dovranno servire in gran parte a trovare le risorse per evitare i corrispondenti aumenti dell’Iva. Disinnescare le clausole era la priorità della legge di Stabilità 2016, hanno spiegato il premier Matteo Renzi e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. E questa sarà la priorità anche delle prossime manovre. Un cane che si morde la coda.
Basti pensare che il disegno di legge approvato giovedì e che per il 2016 vale 26,5 miliardi è dedicato appunto per quasi 17 miliardi a depotenziare le clausole di salvaguardia previste dalle ultime due manovre (governo Letta e governo Renzi). Alle misure per spingere l’economia vanno quindi meno di 10 miliardi. Si dirà che anche aver impedito l’aumento dell’Iva e delle accise sui carburanti aiuta la crescita. Ma è altrettanto vero che i rincari delle tasse che il governo si vanta di aver cancellato erano stati in gran parte decisi dallo stesso esecutivo Renzi (53 miliardi dall’incremento delle aliquote Iva nel triennio 2016-2018) per far accettare a Bruxelles la legge di Stabilità. È infatti proprio la commissione europea a pretendere questi meccanismi di garanzia, il più semplice dei quali è appunto l’aumento automatico delle imposte messo a copertura della manovra triennale, salvo poi trovare di anno in anno il modo per metterci una pezza. Magari con una nuova clausola di salvaguardia.