A frenare il leader sulla riorganizzazione è stata la guerra interna al partito sulle nomine
« Facciamo così, per adesso lasciamo tutto come sta. Però il partito deve assumere un altro passo. E, prima o poi, qualche cosa la dovremo cambiare…». Dopo una settimana in agrodolce, tra le tensioni di un partito diviso in fazioni che cambiano in continuazione e l’allegria per i sondaggi che sono un po’ meno negativi rispetto alle settimane precedenti, Silvio Berlusconi rimette idealmente nel cassetto l’idea di rivoluzionare l’organigramma di Forza Italia.
Lunedì scorso, prima di raggiungere Roma, l’ex premier era a un passo dal nominare Giovanni Toti coordinatore unico di Forza Italia. Aveva parlato dell’ipotesi col diretto interessato e il governatore della Liguria si era dimostrato disponibile. Poi, una guerra senza quartiere — scoppiata tra gli azzurri proprio sulle nomine — ha convinto il numero uno azzurro a rinviare la «rivoluzione» a tempi migliori.
A fermare Berlusconi è stata proprio la scomposizione delle tradizionali fazioni di Forza Italia. Un partito in cui nulla, ormai, è come sembra. Basti pensare alla guerra che si è aperta sul caso Lombardia dentro la pattuglia dei «politici tout court», dove le reazioni all’arresto di Mario Mantovani hanno riattizzato l’antica faida tra il gruppo capitanato da Paolo Romani e Mariastella Gelmini da un lato, e Daniela Santanchè dall’altro, con i primi favorevoli a una «richiesta di trasparenza» e la seconda (che ha minacciato l’uscita dal partito) schierata su una posizione super garantista.
Alle divisioni personali e politiche si sono aggiunte quelle sulle nomine interne. Berlusconi resta dell’idea che, prima o poi, sia necessario procedere alla nomina di Giovanni Toti a coordinatore unico. Altri resistono sulla soluzione dei tre coordinatori (uno per il Nord, uno per il Centro, l’altro per il Sud), destinata a scomparire dai radar. E nel « cerchio magico » , invece, hanno tirato fuori l’idea di «direttorio a quattordici o quindici membri», scartato dall’ex premier perché sarebbe un doppione dell’ufficio di presidenza, e perché alimenterebbe nuove liti tra chi ne farebbe parte e chi ne verrebbe escluso. Senza dimenticare che, in questo caos, finisce congelato anche il ricambio dei coordinatori
I tempi
regionali, a cominciare da quelli messi sotto accusa da un pezzo importante del gotha forzista, e cioè il veneto Marco Marin e il siciliano Vincenzo Gibiino. Tutto bloccato. Anche se, come annota il senatore calabrese Antonio Caridi, che ha incontrato l’ex premier giovedì, «Berlusconi ha in mente un partito che torni bene a mettere i piedi sul territorio a cominciare dal Sud, dove le speranze di recuperare il vecchio elettorato sono molto più concrete».
Messa così, sembra che l’ultima settimana sia stata un disastro. E invece, nei momenti in cui si muove in solitaria e a fari spenti, Berlusconi è ancora riuscito a dimostrare di essere quel «federatore dei moderati» che era un tempo. È successo sulla scelta dei candidati sindaci di Roma e Milano, dove — al riparo da sguardi indiscreti Insieme Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi insieme a Giovanni Toti, governatore della Liguria ed ex direttore di Studio aperto e del Tg4