Il cadavere a terra ignorato per ore e la zona grigia intorno alla camorra
Succede una cosa paradossale sul fronte dell’anticamorra. A Napoli, ancora ieri un ragazzo di 24 anni, Domenico Aporta, è stato ucciso in un agguato e il fratello ventenne, Mariano, ferito a un braccio; il cadavere di Aporta, che aveva precedenti per rapina e stupefacenti, è rimasto a terra per ore senza che nessuno chiamasse la Polizia anche se un proiettile si è conficcato nella persiana di un’abitazione. Il governo potrebbe mobilitare l’esercito. Potrebbe. Ma la città non gradisce. Lascia cadere.
Convinta di far bene, due settimane fa la ministra Pinotti ha spiegato che mille militari erano pronti ad intervenire. Il giorno dopo, nonostante una tiepida adesione del governatore Vincenzo De Luca, il discorso era già chiuso. Archiviato. L’esercito è impegnato a Milano a difesa dell’Expo e sarà utilizzato a Roma per il Giubileo. Ma a Napoli si fa fatica ad accettarlo, nonostante la pesantezza del clima: Nunziata D’Amico, 37 anni, reggente dell’omonimo clan, è stata uccisa a Ponticelli ad appena 12 giorni, come ha notato il Corriere del Mezzogiorno, dall’ultima visita, nello stesso quartiere, del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Le ragioni di tanta inspiegabile nonchalance sono molte, ma soprattutto va considerata la natura stessa della camorra, che da fenomeno ambiguo spesso induce all’ambiguità, e dunque alla sottovalutazione o al falso pudore. Era camorra quella con la coccarda tricolore reclutata dal prefetto Liborio Romano ai tempi di Garibaldi, ma è camorra anche quella dei grandi broker che agiscono sul mercato globale. Allo stesso tempo, abbiamo l’impressione di sapere tutto, e invece troppe cose della camorra ancora ci sfuggono. Perché tanta «violenza pervertizzata», come dicono gli psichiatri? Perché tanto primitivismo ostentatamente trascinato
La storia
La nascita della Camorra, intesa come organizzazione criminale, è fatta risalire ai primi anni del XIX secolo
Negli anni 70-80 Raffaele Cutolo tentò di strutturare la camorra come organizzazione gerarchica: nasce la Nuova Camorra Organizzata che sarebbe poi stata sconfitta dagli avversari della Nuova Famiglia
Da allora vari clan hanno dominato la scena napoletana (tra loro, quelli dei Misso, Sarno, Giuliano e Mazzarella). Negli ultimi anni in tutta la Campania ha giocato un ruolo di primo piano il clan dei Casalesi
Le ultime grandi guerre di camorra sono state quelle tra clan Di Lauro e Scissionisti, che ha insanguinato Secondigliano e Scampia, e la faida interna al clan Misso nella modernità? E perché fa affari ovunque, si internazionalizza, ma non abbandona mai i vicoli di Forcella, i «bassi» della Sanità e le case popolari di Rione Traiano?
In «Vite violente, psicoanalisi del crimine organizzato», un libro recente, Giovanni Starace fa rispondere a Giovanni Melillo, già pm antimafia a Napoli. «Dopo venti anni che mi occupo di questo — dice Melillo — l’idea che un certo grado di conflittualità sia messo in conto come tributo da versare all’azione repressiva dello Stato non mi pare così peregrina». Il riferimento è all’eterno ripetersi di faide tra i clan, e l’ipotesi è che tutto ciò possa addirittura rivelarsi come una sorta di infernale messinscena, alimentata dal «narcisismo ferito» dei boss locali per distogliere lo sguardo dagli affari planetari.
Luciano Brancaccio e Carolina Castellano la mettono così. Bisogna aggiornare l’idea di camorra, perché, dicono, ormai «narrazioni letterarie e narrazioni mitiche si contaminano con l’esperienza storica e si condizionano reciprocamente». I due ricercatori hanno curato una raccolta di saggi interdisciplinari titolata «Affari di camorra» (Donzelli editore) e ciò che suggeriscono è di evitare la trappola di concezioni cristallizzate. Fino agli anni 80 del secolo scorso, del resto, essere camorristi Omicidi per 100 mila abitanti. Il tasso registrato dall’Istat a Napoli è molto al di sopra della media nazionale (0,83) non era un reato. Era considerato un modo di vivere la cultura locale. Lo Stato puniva per una rapina o un omicidio, non per l’appartenenza a un potere strutturato. Mancava l’idea stessa di organizzazione criminale. Poi però l’idea è venuta e nel 1982, con l’approvazione dell’articolo 416 bis del codice penale, è iniziata la stagione dei grandi processi e dell’antimafia di massa, che è arrivata fino a Roberto Saviano e «Gomorra. La serie».
Lungo questa strada, spiegano Brancaccio e Castellano, «abbiamo assistito a un’eccessiva reificazione del concetto di gruppo mafioso, fino a dargli tratti di alterità e autonomia rispetto al contesto». Insomma, si è esagerato e semplificato nell’identificazione del nemico. Oggi, dicono gli autori dei saggi di «Affari di camorra» (Stefano
L’esercito La Difesa ha parlato di mille militari pronti a intervenire, ma Napoli non pare interessata